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Una corretta emissione di una fattura di vendita o prestazione di servizio, può evitare che il contribuente incorra in accertamenti e sanzioni da parte delle Autorità competenti. Sebbene l’art. 21 del D.P.R. 633/72 non fornisca una definizione di fattura, esso indica i dati essenziali che deve contenere.
Una delle parti fondamentali per evitare di incorrere in controlli, è la descrizione della natura, qualità e quantità dei beni e servizi che formano l’oggetto dell’operazione. In sostanza, le informazioni in essa riportate devono essere sufficienti al fine di poter identificare con precisione la natura del bene o del servizio.
A titolo esemplificativo, la fattura non può indicare solamente la nomenclatura che viene utilizzata per scopi di magazzino, oppure una descrizione generica del servizio prestato. L’utilizzo dei codici è consentito se sulla fattura sia presente una legenda che identifica il bene o il servizio (risoluzione 5045229 del 10 maggio 1985)
Il dettaglio delle prestazioni eseguite è una requisito che risulta necessario al fine di rilevare l’inerenza dei costi per l’acquirente. In questo modo, l’ufficio, può verificare che le spese sostenute siano o meno effettuate nell’esercizio dell’impresa o della professione. Infatti, nell’eventualità in cui sia riportata un’indicazione generica delle prestazioni o dei beni oggetto della transazione, l’Agenzia, non potendo effettuare il controllo sull’inerenza, potrebbe essere indotta a disconosce il diritto alla detrazione dell’Iva e l’inerenza del costo al fini delle imposte sui redditi.
In questa situazione, si ha un’inversione dell’onere della prova, posto a carico del destinatario della prestazione, il quale deve dimostrare che il costo è inerente all’attività aziendale.
A tal punto, viene a presentarsi il problema della validità della fattura emessa, la quale rimanda ad altri documenti, come un preventivo o una lettera commerciale. In merito, la Cassazione (ordinanza 6203 del 13 marzo 2013) sostiene che in assenza di un contratto scritto, la fattura emessa riferita ad una consulenza, può essere ritenuta falsa dall’Amministrazione, la quale potrà negare la detrazione dei costi. Pertanto, la fattura relative a consulenze generiche, se non precedute da un accordo firmato dalle parti, legittima l’accertamento dell’Ufficio basato su presunzioni semplici, con conseguente onere della prova in capo al contribuente.
Oltre all’indicazione dei beni e servizi oggetto della prestazione, la fattura deve indicare gli altri elementi di cui all’art. 21, e, nello specifico occorre indicare:
Infine, per poter evitare di corrispondere l’Iva dovuta antecedentemente la riscossione del credito, può essere emessa una fattura pro forma, documento che non ha validità ai fini fiscali, la cui finalità è di far venire a conoscenza l’acquirente/committente dei compensi o somme maturate a suo carico.
Tale documento non necessità di tutti gli elementi necessari della fattura, e nello specifico non deve contenere l’indicazione dell’Iva, in quanto l’eventuale indicazione dell’imposta sul documento, attribuirebbe alla fattura pro forma, il valore di una vera e propria fattura, e di conseguenza andrebbe contabilizzata (Commissione tributaria centrale sentenza 3592 del 12 maggio 1990).