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La Corte di Cassazione che con la recente sentenza n. 25497 del 2 dicembre ha stabilito che un appartamento in condominio, o altro fabbricato, ubicato in centro città non può essere considerato rurale, nemmeno se è l’unica abitazione di un coltivatore diretto regolarmente iscritto all’INPS.
Nel caso esaminato dai Giudici di legittimità un contribuente aveva chiesto il rimborso Ici per gli anni 2001-2003, sostenendo che l’immobile possedeva i requisiti di cui all’art. 9, comma 3, del D.L. 557/1993, in quanto era adibito ad abitazione del coltivatore diretto proprietario anche di terreni agricoli in un Comune confinante.
La CTP aveva accolto le doglianze del ricorrente, mentre in appello, la CTR riformava la pronuncia di primo grado, sostenendo che per essere riconosciuta la ruralità all’immobile mancava il requisito di cui all’art. 9 comma 3, lettera c), che richiede l’asservimento dell’immobile al fondo o la sua strumentalità rispetto all’attività agricola. Elementi, questi, completamente mancanti nel caso di specie.
La Corte di Cassazione conferma nella sostanza la pronuncia d’appello utilizzando, però, argomentazioni significativamente diverse.
Gli ermellini, infatti, muovono dalla volontà del legislatore di escludere dalla tassazione ICI le costruzioni rurali non autonomamente produttive di reddito, poiché la rendita di questi fabbricati si considera assorbita da quella del terreno a cui sono asservite.
Il fabbricato oggetto del contendere risultava iscritto al catasto edilizio urbano prima del 1993, quindi, la circostanza che l’immobile fosse autonomamente produttivo di reddito è stata considerata impeditiva al riconoscimento dei requisiti della ruralità.
Il pronunciamento dei giudici di legittimità non è condivisibile, infatti la disciplina di cui al D.L. 557/93 attribuisce la qualifica della “ruralità” in virtù della destinazione dell’immobile. Quindi, se nell’abitazione risiede il coltivatore diretto regolarmente iscritto all’INPS e titolare di terreni agricoli, i presupposti della ruralità devono considerarsi rispettati, ai sensi di quanto previsto dall’art. 9, comma 3, lett. a), punto 1, del richiamato decreto.
Non solo, l’orientamento della Corte di Cassazione sembra ignorare totalmente l’evoluzione che il settore dell’agricoltura ha avuto nell’ultimo decennio. Come è noto, infatti, la figura dell’agricoltore moderno non è più legata alla coltivazione manuale della terra e alla conseguente necessità di risiedere sul fondo, ma ha assunto carattere imprenditoriale (Imprenditore Agricolo a Titolo Professionale - IAP).
In sostanza, l’imprenditore agricolo moderno organizza l’attività agricola avvalendosi anche delle prestazioni di soggetti terzi (ad esempio contoterzisti) ed è evidente che per lo svolgimento di questa attività non è necessario risiedere sul fondo.
Come già anticipato l’orientamento espresso nella sentenza in commento non può essere ritenuto corretto, ma, al contempo, non può essere ignorato; pertanto, occorre prestare la massima cautela nell’attribuire la qualifica della ruralità ad un fabbricato abitativo posto in centro città.