Articoli
Tutti gli aggiornamenti, gli approfondimenti e i casi pratici analizzati e realizzati dai nostri esperti in materia agricola, fiscale, economica e del lavoro.
La validità della domanda di variazione catastale e il riconoscimento degli effetti ai fini fiscali della sopravvenuta ruralità decorrono a partire dal quinto anno antecedente a quello della presentazione della domanda stessa.
Sul tema si è pronunciata la Commissione Tributaria Regionale di Firenze che, con la sent. n. 1602/31/16 del 6 giugno 2016 e depositata il 20 settembre 2016, ha confermato un orientamento ormai consolidato ma che i Comuni sono ancora riluttanti ad accettare.
Il caso riguardava una società agricola in liquidazione, che aveva ricevuto un avviso di accertamento per l’anno 2011, con cui il Comune pretendeva il pagamento dell’ICI su alcuni immobili accatastati nelle categorie catastali A/2, A/3 e C/6.
Il liquidatore impugnava l’avviso tempestivamente, evidenziando che la società aveva presentato domanda per il riconoscimento del requisito della ruralità ai sensi di quanto previsto dal comma 2 bis dell’art. 7 del D.L. 70/2011.
La domanda, suscettibile di produrre i propri effetti fin dal quinto anno antecedente a quello della sua presentazione, era stata ritualmente corredata dalle autocertificazioni richieste dal DM 14 settembre 2011, ossia dalle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà con cui si attestava la destinazione agricola degli immobili.
Sulla base di tale aggiornamento, la società stessa sosteneva che i fabbricati oggetto di variazione possedevano i requisiti di ruralità, quindi dovevano essere considerati esenti da ICI, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda, cioè dal 1° gennaio 2006.
Il Comune contestava ciò, affermando che, in assenza di comunicazione all’ufficio tributi locale, l’agevolazione non poteva essere fruita.
In primo grado, i giudici accoglievano il ricorso della contribuente, affermando che i fabbricati dovevano ritenersi rurali e strumentali all’attività agricola, in quanto locati ad un coltivatore diretto che li utilizzava per ragioni connesse alla propria attività agricola. Inoltre, essendo stata presentata nei termini la domanda per il riconoscimento del requisito della ruralità, il Comune avrebbe dovuto controllare la sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge ed eventualmente provvedere all’impugnazione del nuovo classamento catastale.
Avverso a questa decisione, il Comune si opponeva, presentando tre diversi argomenti:
Anche in secondo grado, i giudici hanno accolto le ragioni della società, applicando i principi contenuti nell’art. 2, comma 5-ter del D.L. 102/2013, in base al quale le domande di variazione catastale, presentate ai sensi dell'articolo 7, comma 2-bis del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, e l'inserimento dell'annotazione negli atti catastali, producono gli effetti previsti per il riconoscimento del requisito di ruralità a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda.
Si tratta di una disposizione di “interpretazione autentica”, pertanto esplica i propri effetti anche per il passato, estendendo i principi ivi espressi anche ai procedimenti in corso al momento della sua entrata in vigore.
Inoltre, la CTR ha ritenuto del tutto irrilevante il fatto che la società agricola non abbia presentato al Comune la dichiarazione relativa alla ruralità dei fabbricati, infatti, come già rilevato dalla Commissione di Primo Grado, l’Ente avrebbe potuto verificare la presenza dell’annotazione attestante la ruralità consultando direttamente le banche dati catastali.