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Se un imprenditore agricolo acquista un terreno, il quale viene coltivato da un terzo in forza di un contratto di affitto, l’atto di compravendita non può essere assoggettato ai benefici fiscali previsti per l’accorpamento della piccola proprietà contadina. Lo ha deciso la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10100/2017.
Il caso riguardava la cessione di un fondo rustico in favore di una società agricola, la quale, successivamente, si vedeva recapitare un avviso di liquidazione contenente la revoca delle agevolazioni PPC godute all’atto dell’acquisto e il conseguente recupero delle maggiori imposte dovute.
L’Ufficio contestava la decadenza dei benefici fiscali sulla base della mancata conduzione diretta del fondo da parte della società acquirente. Ciò non era possibile in quanto sul terreno ceduto insisteva un contratto di affitto di fondo rustico, in forza del quale era un soggetto terzo a svolgere l’attività di coltivazione.
Nei primi due gradi di giudizio, le Commissioni avevano accolto il ricorso della società contribuente, in forza di una precedente pronuncia della Corte di Cassazione (sent. n. 18849/2007). In quell’occasione di Giudici di legittimità, con delle motivazioni in realtà ben poco condivisibili, avevano affermato che la decadenza dai benefici PPC non opera qualora la mancata attivazione della coltivazione diretta sia cagionata da fatti obiettivi sopravvenuti e non imputabili all’acquirente.
I giudici di legittimità, però, si sono espressi in senso diverso, con una interpretazione ben più in linea con quello che è il vero spirito della norma: l’affittanza stipulata precedentemente al contratto di compravendita comporta l’inapplicabilità dei benefici, in quanto a causa di tale rapporto l’acquirente non può svolgere la quinquennale attività di conduzione diretta prevista dalle agevolazioni PPC al fine del godimento e mantenimento degli sconti fiscali.
La Cassazione sconfessa definitivamente un orientamento a dir poco discutibile ed evidenzia ancora una volta come la conduzione diretta del fondo sia un elemento essenziale al fine di garantire il riconoscimento delle agevolazioni tributarie. Del resto è la stessa ratio della norma che vuole privilegiare quei soggetti che si occupano direttamente della coltivazione del fondo.
Sempre in materia di PPC va sottolineato il contenuto di un’altra recente decisione della Cassazione (ord. n. 10099/2017), con cui i giudici hanno stabilito che il diritto di accertamento dell’Agenzia in materia di PPC si prescrive nel termine di vent’anni (così come stabilito nell’ultimo comma dell’art. 7 della L. 604/1954) e non nel più breve termine triennale previsto dalla normativa generale sull’imposta di registro.