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Tra gli imprenditori agricoli persiste da un po’ di tempo la curiosità sull’attività di coltivazione di alghe per la produzione di biomasse. Le motivazioni sono riconducibili alla ricerca di attività che possano generare reddito e per la maggior attenzione alle problematiche ambientali, dovute al fatto che gli attuali sistemi energetici non solo esercitano pressioni sulle risorse ormai in via di esaurimento, ma comportano anche un incremento delle emissioni di gas climalteranti.
Vediamo pertanto di riassumerne l’inquadramento nel settore agricolo.
In primo luogo, il D.lgs. n. 228/2001, nel riformulare il contenuto dell’art. 2135, ha introdotto il concetto di ciclo biologico e nello specifico, al secondo comma, ha specificato che “per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco e le acque dolci, salmastre o marine”.
La revisione dell’articolo 2135, introdotta dal D.lgs. 228/01, offre un’apertura chiara a sostegno della tesi, già seguita dalla dottrina, che individua come imprenditore agricolo anche colui che si occupa della coltivazione di specie vegetali, ed al fatto che l’attività possa esser considerata agricola anche se diretta esclusivamente alla cura ed allo sviluppo di una sola fase del ciclo biologico. Questo nuovo e moderno concetto di impresa agricola, sostiene il principio che la coltivazione del fondo debba essere assunta nei suoi significati più ampi, tesi alla soddisfazione di ogni bisogno, sia esso alimentare, “estetico” o energetico. In questo contesto anche la produzione di alghe non destinata all’alimentazione, ma diretta alla produzione di bioenergia rientra pienamente tra le attività comprese nell’art.2135.
Il legislatore, recependo gli indirizzi dell’ Unione Europea, volti alla promozione ed allo sviluppo della produzione di energie da fonti rinnovabili, ha disposto con l’art. 14, comma 13 quater del D.lgs. n. 99/2004 che “l’attività esercitata dagli imprenditori agricoli di cui all’art. 2135 c.c., di cura e sviluppo del ciclo biologico di organismi vegetali destinati esclusivamente alla produzione di biomasse, con cicli colturali non superiori al quinquennio e reversibili al termine di tali cicli, su terreni non boscati, costituisce coltivazione del fondo ai sensi dell’art.2135 c.c. e non è soggetta alle disposizioni in materia di boschi e foreste. Tali organismi vegetali non sono considerati colture permanenti ai sensi della normativa comunitaria”.
Dal punto di vista tributario, a conferma degli indirizzi assunti il legislatore, con la legge 266/2005 all’art. 1, comma 423 ha stabilito che le attività connesse di produzione e cessione di energia elettrica e calorica, nonché di carburanti e prodotti chimici, da parte di un imprenditore agricolo, sono fonte di reddito agrario.
Va detto che tali produzioni richiedono in genere investimenti importanti nonché competenze specifiche nei vari processi che ben si addicono ad aziende strutturate. Anche sotto tale aspetto, attraverso all’apertura alle le società di persone, le società a responsabilità limitata e per le società cooperative con qualifica di società agricola, di poter optare per l’imposizione dei redditi su base catastale introdotta dall’art. 1 comma 1093 della legge 296/2006 potrebbe esser un incentivo per lo sviluppo di questo segmento dell’agricoltura.