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Per mille ragioni, può essere necessario quantificare la potenzialità economica e la capacità reddituale di un soggetto: si pensi, ad esempio, al contribuente che, raggiunto da un accertamento da redditometro, sia costretto a giustificare la propria capacità di spesa; oppure, alla necessità di ottenere un finanziamento o di dimostrare la propria solidità economica per far fronte al mantenimento dei figli.
Questo dato che per molti può risultare di facile reperibilità, per i soggetti che operano in agricoltura non è poi così scontato. L’agricoltore, infatti, in dichiarazione dei redditi non indica il proprio reddito effettivo, ma il reddito agrario, determinato secondo i criteri indicati dall’art. 32 del TUIR (DPR 917/1986) “il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d'esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell'esercizio di attività agricole su di esso”.
Le attività agricole che rientrano nella determinazione del reddito su base catastale sono le seguenti:
a) le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura;
b) l'allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l'utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste;
c) le attività di cui al terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile, dirette alla manipolazione e trasformazione di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, purché siano compresi nell’elenco di cui al D.M. 13 febbraio 2015.
Tra i soggetti che possono applicare il regime di cui all’art. 32 del TUIR, oltre agli agricoltori individuali, ci sono le società semplici agricole che non possono avere come oggetto sociale l’esercizio di attività commerciali e il loro ambito non può estendersi oltre quanto previsto dall’art. 2135 del codice civile.
L’aspetto peculiare dell’art. 32 consiste nel fatto che i proventi delle attività svolte (se riconducibili all’interno del reddito agrario) non devono essere dichiarati in modo analitico (costi/ricavi). I soggetti passivi d’imposta, infatti, sono tenuti a dichiarare solamente il reddito agrario dei terreni, quantificati in base alle tariffe d’estimo catastali.
Per quanto riguarda le società semplici, poi, è importante ricordare anche la disciplina dell’art. 5, comma 1 del TUIR, secondo cui il reddito complessivo della società viene attribuito ai soci e tassato per trasparenza in capo agli stessi in maniera proporzionale alle loro quote di partecipazione.
Sulla base di quanto finora affermato, quindi, il reddito dichiarato ai sensi di quanto previsto dall’art. 32 del TUIR non è mai un adeguato parametro della potenzialità economica dell’imprenditore.
Infatti, a fronte di un volume di affari di diverse decine o centinaia di migliaia di euro, la dichiarazione IRPEF di un agricoltore riporterà sempre un valore di molto inferiore, in quanto riferita alle tariffe d’estimo catastali e non ai redditi effettivamente prodotti.
Laddove fosse necessario operare una più corretta valutazione della potenzialità economica di un soggetto esercente le attività di cui all’art. 32 del TUIR, deve ritenersi più preciso prendere come riferimento il volume d’affari IVA della società, rettificato con i proventi non soggetti all’imposta (come contributi PAC, soccida monetizzata, ecc.) e depurato dei costi non IVA come le spese per il personale, i contributi consortili, le spese per assicurazioni e così via.
Un altro aspetto di cui tenere conto, al fine di determinare il reddito effettivo del socio di una società semplice, è la modalità di ripartizione degli utili e delle perdite della stessa. In linea generale, si presume che essi vengano suddivisi proporzionalmente, in funzione dei conferimenti, ma all’interno delle società semplici agricole composte da nuclei familiari, la ripartizione può avvenire tenendo conto anche del contributo apportato alla società da parte dei soci lavoratori (art. 2263 del c.c.).
Concludendo, quindi, bisogna sempre ricordare che nell’ambito delle attività agricole, se il reddito è dichiarato ex art. 32 del TUIR, quanto indicato in dichiarazione è sempre difforme rispetto ai redditi effettivamente prodotti. Pertanto, laddove occorra valutare la reale capacità reddituale di un soggetto, servirà un’attenta analisi del volume d’affari IVA a cui dovranno essere apportate le relative rettifiche.