Articoli
Tutti gli aggiornamenti, gli approfondimenti e i casi pratici analizzati e realizzati dai nostri esperti in materia agricola, fiscale, economica e del lavoro.
La corretta qualificazione dei corrispettivi percepiti a fronte della concessione di un diritto di superficie su un terreno agricolo rappresenta un tema piuttosto controverso.
E su tale argomento si è recentemente espressa la CTP Reggio Emilia, con la sentenza n. 222/2/2017.
Nel caso in esame, i giudici di primo grado si sono pronunciati sul contratto di superficie stipulato da alcuni coeredi nei confronti di un soggetto terzo. Sui corrispettivi percepiti da tale operazione, i proprietari versavano l’IRPEF a titolo cautelativo, salvo poi presentare istanza di rimborso in quanto, a loro avviso, non dovuta. L’Agenzia negava la soddisfazione di tale richiesta, innescando così la controversia.
Sul punto, come detto, la questione è tutt’altro che pacifica, in quanto prassi e giurisprudenza hanno negli anni adottato posizioni diametralmente opposte sul tema.
L’Agenzia delle Entrate, infatti, con la circolare n. 36/E/2013, ha affermato che il corrispettivo generato dalla costituzione e cessione di un diritto di superficie deve essere ricondotto all’interno della disciplina di cui all’art. 67, lettera b) del TUIR. In base a tale impostazione, il prezzo dell’operazione è da ritenersi rilevante ai fini delle imposte dirette, in quanto assimilabile ai redditi derivanti da “obblighi di fare, non fare e permettere”.
Tale posizione è stata fortemente contestata, prima in dottrina, poi in giurisprudenza: l’art. 9 del TUIR, infatti, prevede che “ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali”. Ciò è stato ribadito nella sentenza n. 15333/2014 della Cassazione e fatto proprio anche dai giudici reggiani nella pronuncia in commento.
Nella sentenza della CTP si legge che, per quanto riguarda una persona fisica, il corrispettivo derivante dalla cessione di un diritto di superficie deve essere qualificato come reddito diverso ex art. 67 TUIR solo nel caso in cui oggetto dell’operazione sia un’area fabbricabile.
Se, invece, oggetto del contratto di superficie è un terreno agricolo, nessuna plusvalenza si genera, purché siano trascorsi almeno cinque anni dall’acquisto. Secondo i giudici, infatti, l’art. 67 del TUIR si riferisce ad obbligazioni personali, mentre il caso in esame, riconducibile nelle previsioni dell’art. 9, riguarda la costituzione di diritti reali.
Nel caso in esame, poi, il fondo rustico era stato acquisito per successione, quindi non poteva nemmeno applicarsi l’ipotesi della cessione entro il quinquennio: pertanto, in tal caso, la costituzione del diritto di superficie non può mai generare plusvalenza tassabile.
Concludendo, la presente sentenza offre lo spunto per ribadire un concetto previsto dalle norme e ormai consolidato in giurisprudenza, ma che trova ancora un’interpretazione contraria nella prassi dell’Agenzia la quale, forse, dovrebbe dare indicazione affinché gli uffici territoriali disattendano il contenuto della circolare 36/E/2013 e cessino di creare un contenzioso dall’esito sempre più scontato.