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L’imprenditore agricolo professionale (IAP) è stato equiparato al coltivatore diretto nella normativa che disciplina l’affitto di fondi rustici (Legge 03/05/1982 n. 203). Lo stabilisce il comma 515 dell’art. 1 della Legge di Bilancio per l’anno 2018 (Legge 27/12/2017 n. 205).
Come è noto, la legge n. 203/1982 prevede una distinzione tra affitto a coltivatore diretto ed affitto a soggetti non in possesso della suddetta qualifica. La differenza riguarda alcuni aspetti non secondari del rapporto contrattuale, quali, ad esempio, il diritto alla prelazione nei rinnovi contrattuali, la cedibilità del contratto ad un proprio familiare, la validità a tutti gli effetti dei contratti verbali e scritti di durata ultranovennale, anche nei confronti di terzi ed anche se non trascritti.
Con la modifica legislativa, l’affittuario IAP non coltivatore diretto, purché iscritto alla previdenza agricola, dal 1° gennaio 2018 avrà i medesimi diritti contrattuali previsti dalla legge per il coltivatore diretto, essendo ad esso “equiparato”.
La novità è da accogliere con favore, poiché negli ultimi 15 anni l’evoluzione legislativa ha visto la figura dello IAP avvicinarsi sempre più a quella del coltivatore diretto in termini di diritti e prerogative, prima con l’equiparazione nell’agevolazione sull’acquisto di terreni agricoli e poi, nel 2016, con l’acquisizione del diritto di prelazione in caso di vendita di terreni confinanti (legge n. 154/2016).
L’equiparazione al coltivatore diretto, prevista dal comma 515, si applica solo alle persone fisiche e vale solo ai fini della legge sull’affitto agrario.
Lo IAP potrà, quindi, far valere il proprio diritto di precedenza nel rinnovo contrattuale, potrà cedere il contratto, anche senza il consenso del locatore, ad un proprio familiare, ma non potrà esercitare il diritto di prelazione in caso di vendita del fondo condotto in affitto, poiché per l’esercizio della prelazione agraria occorre essere coltivatori diretti ed avere determinati requisiti di forza lavoro familiare.
La qualifica di coltivatore diretto, necessaria per l’esercizio del diritto di prelazione agraria, è declinata dall’art. 31 della legge n. 592/1965: “ … sono considerati coltivatori diretti coloro che direttamente ed abitualmente si dedicano alla coltivazione dei fondi ed all'allevamento ed al governo del bestiame, sempreché la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per la normale necessità della coltivazione del fondo e per l'allevamento ed il governo del bestiame”.
Il “buco” normativo, che non permette di riconoscere allo IAP del diritto di prelazione sull’acquisto del fondo condotto in affitto, dovrà essere prima o poi colmato, atteso che al medesimo IAP è stato già riconosciuto il diritto di prelazione sui fondi confinanti.
La disposizione sull’equiparazione dello IAP al coltivatore diretto, introdotta dal citato comma 515 della legge di bilancio con la modifica all’art. 7 della legge n. 203/82, decorre dal 1° gennaio 2018; quindi dai contratti d’affitto stipulati da tale data, mentre è incerta la sua applicazione ai contratti in corso, poiché la legge nulla dice in merito.
In tema di mutazione soggettiva da contratto a “non coltivatore diretto” a quello “a coltivatore diretto”, e viceversa, l’orientamento dominante della giurisprudenza è quello di non ammetterne la trasformazione senza il consenso esplicito di tutte le parti contrattuali.
La giurisprudenza ha da sempre sostenuto che la trasformazione di un affittuario non coltivatore diretto in affittuario coltivatore (o equiparato), e viceversa, non è possibile, in quanto ostano differenze, strutturali e funzionali, tra i due tipi di contratto, nonché l’assenza di una norma attributiva del correlativo potere, per cui la parte non può, senza il consenso dell’altra, immutare la natura e la causa del contratto, in automatico riflesso della perdita o dell’acquisto di una diversa qualificazione professionale non prevista e non contemplata al momento della conclusione dell’accordo (Cass. 24/4/1986 n. 2886).
Se dovesse essere confermato questo principio interpretativo, l’affittuario IAP, il cui contratto è stato stipulato con lo schema dell’affitto a non coltivatore diretto, non potrà far valere i propri diritti di preferenza nel rinnovo del contratto medesimo, poiché tale diritto presuppone la “trasformazione” soggettiva del contratto, consentita solo col consenso di entrambe le parti o dalla legge. Ma la legge nulla ha esplicitamente disposto in merito.