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Tra le novità normative del 2018, particolare scalpore sta destando in queste ore la nuova disciplina sui sacchetti di plastica, i quali, secondo quanto previsto dalla L. 123/2017 (legge di conversione del D.L. 91/2017), non potranno essere più ceduti gratuitamente.
La norma ha modificato il D. Lgs. 152/2006, facendo propria la finalità di ridurre la circolazione dei sacchetti di plastica, in linea con quanto previsto dalla direttiva UE n. 720/2015, e tale scopo viene perseguito tramite una serie di limitazioni.
Alcune hanno natura prettamente tecnica e riguardano la composizione delle buste, le quali dovranno essere biodegradabili e compostabili e dovranno avere un contenuto minimo di materia prima rinnovabile pari al 40% (soglia che salirà al 50% nel 2020 ed al 60% dall’1/1/2021 per le buste di materiale ultraleggero).
Con l’entrata in vigore della disciplina, potranno essere utilizzate solo quattro tipologie di shopper:
- borse di plastica in materiale ultraleggero di spessore inferiore a 15 micron (quelle utilizzate per motivi di igiene alimentare, nei reparti ortofrutta o pescheria di un supermercato);
- borse di plastica biodegradabili e compostabili secondo lo standard UNI EN 13432:2002 (se corrispondenti ad altri standard o meramente biodegradabili potrebbero non essere in regola);
- borse in plastica riutilizzabili con maniglia esterna, purché con spessore della singola parete superiore a 200 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 30% fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano generi alimentari; oppure lo spessore della singola parete può essere superiore a 100 micron e contenente una percentuale di plastica riciclata di almeno il 10% se le buste vengono fornite come imballaggio per il trasporto in esercizi che commercializzano esclusivamente merci e prodotti diversi dai generi alimentari;
- borse di plastica riutilizzabili con maniglia interna purché con spessore della singola parete superiore a 100 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 30% fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano generi alimentari; oppure spessore della singola parete superiore a 60 micron e contenenti una percentuale di plastica riciclata di almeno il 10% fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano esclusivamente merci e prodotti diversi dai generi alimentari.
È fondamentale sottolineare, inoltre, che a partire dal 1° gennaio 2018, non sarà più possibile distribuire gratuitamente le buste in plastica, ma che esse dovranno forzatamente essere vendute ad un prezzo e il relativo importo dovrà essere specificamente indicato nello scontrino o nella fattura delle merci cedute.
È quindi vietato fornire gratuitamente buste di plastica, oppure venderne di tipologie non conformi ai quattro modelli sopra descritti: per i trasgressori saranno previste sanzioni amministrative pecuniarie da 2.500 a 25.000 euro.
Se la normativa in commento ha causato un terremoto nel mondo della grande distribuzione, è giusto interrogarsi se essa possa applicarsi anche nell’ambito agricolo, in particolar modo con riferimento al settore della vendita diretta.
Vista l’assenza di specifiche esclusioni e in ossequio alla ratio di fondo del provvedimento che persegue la finalità di ridurre l’uso della plastica, si ritiene che anche le aziende agricole che vendono direttamente i propri prodotti debbano ritenersi assoggettate alla normativa sui sacchetti e sul relativo divieto di cessione gratuita degli stessi.
La questione, però, è tutt’altro che pacifica ed è auspicabile un intervento chiarificatore che possa semplificare la vita agli agricoltori.
Fino a quel momento, però, occorre muoversi con grande cautela: viste le sanzioni significative e i prevedibili controlli, è necessario non farsi trovare impreparati.