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Il settore dell’allevamento sembra ad un passo da una vera e propria rivoluzione: se fino ad oggi vacche, polli e suini sono state le principali specie animali allevate, tra qualche anno lo scenario potrebbe cambiare.
Sempre maggiore, infatti, è l’interesse nei confronti dell’allevamento di insetti, vista la crescente curiosità del mercato.
Difficilmente, si assisterà ad un cambiamento radicale in breve tempo, visti anche i tanti paletti culturali che frenano oggi il consumo alimentare di grilli, cavallette, lombrichi e larve, ma la tendenza sembra ormai segnata.
Da un punto di vista alimentare, infatti, gli insetti danno un importante apporto nutritivo: si pensi che un piatto di insetti contiene fino all’80% di proteine e ferro in più rispetto ad una bistecca di pari peso.
Sensibilmente diversi, però, sono i costi e l’impatto ambientale delle due tipologie di allevamento: per produrre un chilo di carne da un bovino si utilizzano circa 15.000 litri di acqua, per produrre un chilo di insetti, meno di 15.
Questo fa sì che sempre maggiore sia il numero dei soggetti che si interessano a tali prodotti e a tali produzioni. Il cammino, però, è ancora lungo.
A partire dal 1° gennaio 2018 è entrato in vigore il Reg. UE 2015/2283, che introduce nell’ordinamento comunitario il “novel food”, ossia i nuovi alimenti precedentemente non considerati come tali.
Tutti i nuovi prodotti saranno inseriti in un apposito elenco che la Commissione Europea compilerà progressivamente, dopo aver analizzato tutte le istanze pervenute. Un primo documento è già stato approvato, ma degli insetti nessuna traccia. Ciò è inevitabile, in quanto si stima che ci vorranno mesi prima di addivenire ad un testo definitivo.
Dal testo del Regolamento 2015/2283, però, non dovrebbero esserci problemi sulla possibilità di ricomprendere gli insetti tra i nuovi alimenti, in quanto “alimenti costituiti, isolati od ottenuti a partire da animali o da parti dei medesimi, ad eccezione degli animali ottenuti mediante pratiche tradizionali di riproduzione utilizzate per la produzione alimentare nell'Unione prima del 15 maggio 1997 qualora tali alimenti ottenuti da detti animali vantino una storia di uso sicuro come alimento nell'Unione”.
Inoltre, il testo del Regolamento precisa anche che “l'immissione sul mercato dell'Unione di alimenti tradizionali da paesi terzi dovrebbe essere agevolata, in presenza di una storia di uso sicuro come alimento. Tali alimenti dovrebbero essere stati consumati in almeno un paese terzo per almeno 25 anni nella dieta abituale di un numero significativo di persone. Tale storia di uso sicuro come alimento non dovrebbe comprendere gli usi non alimentari o gli usi non collegati a una dieta normale”.
Ad oggi, però, in attesa del completamento di tale procedura, resta normativamente tutto fermo. Ma non resta certo fermo l’interesse nei confronti di un settore che potrebbe avere interessanti sviluppi in futuro.
Da un punto di vista civilistico, l’allevamento di insetti pare rientrare pienamente all’interno della disciplina dell’art. 2135 c.c., il quale prevede, tra le attività agricole, l’allevamento di animali. Pertanto, tale attività non crea problemi con riferimento alla valutazione dell’esercizio esclusivo delle attività agricole. Lo stesso, però, non sembra si possa dire per quanto riguarda l’inquadramento fiscale di tale attività.
Infatti, rientra nel reddito agrario “l'allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno”. Il comma 3, però, precisa che “con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, è stabilito per ciascuna specie animale il numero dei capi che rientra nei limiti di cui alla lettera b) del comma 2, tenuto conto della potenzialità produttiva dei terreni e delle unità foraggere occorrenti a seconda della specie allevata”.
All’interno del richiamato decreto, il DM 20 aprile 2006, però, non c’è riferimento ad alcuna tipologia di insetti, se non gli alveari per le attività di apicoltura e le lumache per quelle di elicicoltura.
Pertanto, ad oggi, non è possibile ricondurre le attività di allevamento di insetti all’interno del reddito agrario: i redditi di tali attività, quindi, saranno da determinare in via analitica, a costi e ricavi, in base alla disciplina di cui all’art. 56 del TUIR.
Chi vuole oggi mettere in piedi un’attività di allevamento di insetti dovrà armarsi di grande pazienza. Infatti, accanto alle problematiche tecniche e fiscali, ci sono quelle legate all’etichettatura dei prodotti, oltre che quelli, non meno importanti, legati alle autorizzazioni delle ASL che, in assenza di una specifica normativa, rimangono spesso paralizzate.
Insomma, il quadro è ad oggi molto complesso e le regole del gioco appaiono ancora decisamente acerbe. Pare comunque ineludibile un intervento organico del legislatore che, in un futuro nemmeno troppo lontano, non potrà esimersi dal disciplinare anche questo nuovo ambito dell’agricoltura.