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Con le modifiche all’art. 2135 del codice civile, introdotte dal D.Lgs 228/2001, si sono create le condizioni per lo sviluppo anche in campo agricolo di tutta una serie di nuove attività volte alla manipolazione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli.
Tali attività possono generare reddito agrario se hanno per oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento degli animali e individuati dal decreto ministeriale previsto dall’art. 32 del TUIR al comma 2, lettera c).
Pertanto, se il risultato della trasformazione è un prodotto agricolo così come sopra definito ed i prodotti utilizzati sono di produzione prevalentemente propria dell’azienda agricola, il reddito derivante da tali attività viene completamente assorbito dal reddito agrario e non si dovrà procedere a dichiarare alcun reddito ai fini delle imposte sui redditi e IRAP. Ciò vale anche se una o più fasi del processo produttivo sono affidate a terzi (esempio: se utilizzato un frantoio di terzi per la molitura di olive proprie).
Tali attività sono in continua evoluzione. L’Agenzia delle Entrate, in risposta ad un’istanza di interpello del 2017 ha riconosciuto tra le attività agricole connesse la produzione e commercializzazione di pesce eviscerato e di caviale di storione in quanto tali attività rientrano nel codice ATECO 10.20.0 (produzione di prodotti a base di pesce, crostacei, molluschi, filetti di pesce, uova, caviale, succedanei del caviale, ecc.).
Sempre nel 2017, in risposta ad un altro interpello posto da un’azienda agricola dedita all’elicicoltura, l’Agenzia ha riconosciuto come attività connesse la produzione di caviale di lumache, bava di lumache e lumache lessate, riconducendo tali attività al codice ATECO 10.20.0.
Tali attività possono essere svolte se connesse e complementari all’attività agricola esercitata dall’impresa agricola. L’Agenzia con circolare n. 44/E del 2002 ha precisato che tali attività non devono assumere per dimensioni, organizzazione di capitali e risorse, la connotazione di attività principale.
Mentre, sul concetto di “prevalenza”, l’Agenzia ha emanato la circolare n. 44/E del 2004, in cui ha chiarito che, in linea generale, la prevalenza può essere misurata in termini di quantità o di valore:
Infine, si precisa che, qualora i beni ottenuti dalla trasformazione di prodotti agricoli acquistati da terzi non rientrino nella tipologia di appartenenza dei beni ottenuti dalla trasformazione dei prodotti propri, viene a mancare il presupposto di accessorietà e strumentalità rispetto all’attività agricola principale, con la conseguenza che i relativi redditi non rientrano nel campo di applicazione degli articoli 32 e 56-bis del TUIR.
REQUISITO SOGGETTIVO
Il regime naturale per la determinazione del reddito, quando l’oggetto delle attività summenzionate non rientra tra i prodotti citati nel DM del 13/02/2015 e per le attività di servizi come di seguito specificato, è un regime forfetario riservato alla ditte individuali ed alle società semplici agricole, infatti, non è applicabile alle società in nome collettivo, società in accomandita semplice ed ai soggetti di cui all’art. 73 comma 1, lettere a), b) e d) del TUIR (soggetti IRES).
PRODUZIONE DI BENI
Quando le attività di manipolazione, conservazione, trasformazione, valorizzazione e commercializzazione di prodotti agricoli hanno per oggetto prodotti diversi da quelli elencanti nel citato decreto (vedi ultimo decreto approvato il 13/02/2015), l’impresa agricola determina il reddito d’impresa in modo forfettario, salvo opzione per il regime ordinario. L’impresa è comunque tenuta al rispetto del principio di prevalenza. L’art. 56-bis al comma 2 in questi casi prevede che il reddito venga determinato forfettariamente con la percentuale del 15%.
Di contro, se il prodotto ottenuto sostiene più manipolazioni/trasformazioni, la cessione sarà soggetto a reddito d’impresa. Infatti, devono ritenersi escluse dall’ambito di applicazione dell’art. 56-bis del TUIR le attività di trasformazione non usualmente esercitate nell’ambito dell’attività agricola che intervengono in una fase successiva a quella che ha originato i beni elencati nel decreto ministeriale, atte a trasformare ulteriormente questi ultimi beni fino a realizzare prodotti nuovi che non trovano connessione con l’attività agricola principale ai sensi dell’art. 2135 del c.c.
Allo stesso tempo, qualora non venga rispettato il principio di prevalenza, vanno tenuti distinti i casi in cui il prodotto finale ottenuto e commercializzato rientri tra quelli agricoli o comunque previsti dal Decreto oppure sia un prodotto diverso.
Infatti, nella prima ipotesi, opera la cosiddetta franchigia quindi, sono da qualificarsi come redditi agrari ai sensi dell'articolo 32 i redditi rivenienti dall'attività di trasformazione dei prodotti agricoli nei limiti del doppio delle quantità prodotte in proprio dall'imprenditore agricolo, mentre la parte eccedente tale limite deve essere determinata in base alle regole in materia di reddito d'impresa.
Nel caso in cui dall'attività di trasformazione o manipolazione si ottengano beni non agricoli e non rientranti fra quelli elencati nel citato decreto ministeriale, non essendo soddisfatto il requisito della prevalenza, l'intero reddito prodotto costituisce reddito d'impresa, da determinarsi analiticamente in base all'articolo 56 del Tuir.
ATTIVITA’ DI SERVIZI
L’art. 56-bis del TUIR, al comma terzo, rimandando alla definizione di impresa agricola del Codice civile, include tra le altre attività agricole le attività dirette alla “fornitura di servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”. Per tali attività, il reddito si determina applicando all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto, il coefficiente di redditività del 25%. Con circolare ministeriale n. (44/E del 2004) l’AdE ha precisato il concetto di “uso prevalente”, definendo che la verifica va effettuata in relazione al volume d’affari prodotto con le attrezzature normalmente impiegate in azienda, il quale deve risultare superiore a quello conseguito con le altre attrezzature.
Si tratta di attività quali, ad esempio, motoaratura, spalatura della neve, manutenzione del territorio, manutenzione del verde e simili, che l’imprenditore agricolo svolge impiegando in misura prevalente le stesse macchine agricole e le stesse risorse umane normalmente impiegate nell’azienda.
La prevalenza deve sussistere, altresì, in riferimento ai servizi forniti con le attrezzature che non sono normalmente usate in azienda (esempio: nel caso di spalatura della neve vengono utilizzati trattore e spazzaneve; in tal caso, il valore del trattore deve essere maggiore del valore dello spazzaneve usato).
Ai fini delle imposte sul reddito, sia per le persone fisiche che per le società semplici è possibile indicare il reddito determinato nel quadro RD sezione III della dichiarazione dei redditi “Attività agricole connesse”. In tale sezione al rigo RD10 in colonna 2 (produzione di beni) e colonna 3 (fornitura di servizi) si dovrà indicare il valore dei corrispettivi complessivamente rilevati nell’anno. Tale reddito verrà poi riportato rispettivamente nella misura del 15% e del 25% al rigo RD10 colonna 5.
Per l’IRAP, il valore della produzione determinato forfettariamente andrà indicato nella sezione III. L’Agenzia delle entrate lo scorso anno ha fornito alcuni chiarimenti dovuti all’esclusione dall’IRAP delle attività agricole rientranti nei limiti dell’art. 32. Con la risoluzione 93/E del 18 luglio 2017, è stato precisato che le deduzioni di lavoro dipendente spettano solo in relazione ai dipendenti impiegati nell’attività soggetta ad IRAP. Nel caso di dipendenti impiegati promiscuamente, l’importo della deduzione andrà ridotto della quota imputabile all’attività agricola. Occorrerà quindi determinare l’incidenza dei ricavi e proventi riferibili alle attività agricole (art. 32 TUIR) rispetto all’ammontare complessivo dei ricavi e dei proventi rilevanti ai fini IRAP.