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È stato il cavallo di battaglia elettorale del Movimento 5 Stelle e ora, una volta al Governo, la priorità è trasformare le promesse in una realtà.
Il reddito di cittadinanza è, infatti, uno dei temi caldi dell’inverno normativo, una partita che, salvo sorprese, dovrebbe trovare conclusione in un apposito Decreto Legge da approvare entro fine anno.
Ad oggi, al di là dei proclami, poche sono le indicazioni concrete circa il nuovo regime che dovrebbe entrare in vigore, stando agli annunci, entro il primo trimestre 2019. Ma proviamo a fare ordine.
Stando alle prime indiscrezioni, la platea dei soggetti interessati dovrebbero essere le persone maggiorenni, inoccupati o disoccupati, che si trovano in una condizione di povertà assoluta, da valutare sulla base dell’ISEE. La soglia minima di reddito da non oltrepassare dovrebbe essere 9.360 euro.
In linea generale, ogni cittadino avente diritto percepirà un assegno mensile di 780€, i quali saranno poi modulati in base alle singole situazioni: chi abita in una casa di proprietà vedrà decurtato il suo reddito di cittadinanza e lo stesso dovrebbe valere che per chi percepisce minimi redditi da lavoro o forme di sussidio pubblico. Al contrario, sarà previsto un apposito coefficiente familiare per i soggetti aventi figli o coniuge a carico.
Stando alle prime stime, saranno circa 3,6 milioni i soggetti interessati, tra cui dovrebbero essere compresi anche i cittadini extracomunitari residenti in Italia da almeno cinque anni.
A più riprese, diversi esponenti del Governo hanno annunciato che il reddito di cittadinanza non dovrà essere richiesto dai cittadini. Sarà lo Stato ad individuare i soggetti aventi diritto, senza che sia necessaria la presentazione di alcuna domanda.
Gli importi dovrebbero essere erogati attraverso apposita carta ricaricabile, sul cui utilizzo, nelle scorse settimane si è acceso un vespaio di polemiche: resta da vedere se il provvedimento normativo che dovrà essere approvato prevedrà limiti alle categorie di prodotti acquistabili. Rimane da sciogliere il nodo sul se e come potranno essere utilizzati eventuali risparmi.
Per poter percepire il reddito di cittadinanza, sarà necessario che il disoccupato partecipi alle cosiddette politiche attive del lavoro dedicandosi, alternativamente, ad attività di formazione o a lavori di pubblica utilità. Ciò, fino alla ricezione di una offerta di lavoro congrua, che non potrà essere rifiutata per più di tre volte.
Sul concetto di congruità occorrerà fare chiarezza: ad oggi è considerata tale un’offerta di lavoro a distanza inferiore di 50 km dal proprio domicilio, ma il Ministro Di Maio ha annunciato la volontà di costruire distretti territoriali dentro cui cercare di formare lavoratori in base alla domanda locale.
Decisivo, per il funzionamento di tale meccanismo, sarà il ruolo dei Centri per l’Impiego, il cui sistema attuale dovrà essere rivoluzionato, in quanto insufficiente, sia per preparazione che per risorse umane disponibili a gestire questa partita. Non a caso, le prime bozze della Legge di Bilancio 2019 destinano a tali enti risorse per circa 2 miliardi di euro.
La durata massima dell’assegno per il reddito di cittadinanza dovrebbe essere di tre anni, con un controllo intermedio dopo 18 mesi, per la verifica del perdurare della titolarità dei requisiti per l’accesso al contributo.
L’accesso alla misura del reddito di cittadinanza dovrebbe portare agevolazioni anche ad eventuali datori di lavoro interessati all’assunzione del cittadino. In particolare, dovrebbero essere attribuite ben tre mensilità “statali” al datore: pertanto, ipotizzando il caso di un single percipiente il pieno assegno da 780€, in caso di assunzione, il datore riceverà un incentivo di 2.340€. Le modalità di fruizione dell’incentivo saranno, a loro volta, da definire.