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Si tratta di una questione estremamente calda e dibattuta, su cui la giurisprudenza è recentemente tornata ad esprimersi: nell’ambito di un contratto di appalto, il committente è solidalmente responsabile per le obbligazioni retributive e contributive dell’appaltatore nei confronti dei propri lavoratori.
Lo ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 444/2019.
Il caso controverso analizzato dal Tribunale di Firenze e dalla Corte di Appello riguardava una lavoratrice che svolgeva le sue prestazioni per una società che forniva servizi di pulizia nell’ambito di un contratto di appalto.
Questa, non avendo percepito la retribuzione da parte del suo datore di lavoro (appaltatore), aveva avanzato pretese nei confronti del committente, il quale si rifiutava di corrispondere tali importi, anche sulla base del fatto che la lavoratrice non aveva precedentemente escusso infruttuosamente il proprio datore.
La situazione rappresentata è una realtà purtroppo molto diffusa: le difficoltà economiche di molte aziende, infatti, rendono spesso propizia la possibilità di rivalersi nei confronti di committenti che, generalmente, sono soggetti maggiormente solvibili.
I giudici di legittimità hanno deciso, sulla base della formulazione dell’art. 29 del D. Lgs. n. 276/2003 precedente alle modifiche del 2012 (in cui era stato inserito l’obbligo di preventiva escussione dell’appaltatore poi abolito dal D.L. n. 25/2017), che l’obbligazione del committente “pur avendo carattere accessorio, è solidale con quella del debitore principale e pertanto […] non può essere considerata né sussidiaria né eventuale”.
Tale principio, secondo la Cassazione, deve essere desunto tanto dal testo dell’art. 29 del richiamato D. Lgs. n. 276/2003, quanto dallo scopo della norma perseguito dal legislatore, il quale affida al committente il controllo sull’esecuzione del contratto di appalto da parte dell’appaltatore.
La pronuncia in commento può considerarsi oggi estremamente attuale, in quanto le modifiche normative del D.L. n. 25/2017 hanno riportato la disciplina a prima del 2012, con una serie di conseguenze, quali l’eliminazione della gerarchia tra i debitori o la venuta meno della necessità di litisconsorzio tra committente, appaltatore ed eventuali subappaltatori.
Da un punto di vista sostanziale, però, il ritorno al passato rappresenta un’importante garanzia per i lavoratori, che potranno indistintamente rivalersi a committenti e appaltatori in caso di inadempienze (retributive e contributive) degli ultimi, con ovvie ripercussioni in capo agli appaltanti che, da un giorno all’altro, potrebbero trovarsi a rispondere di problemi a loro solo lontanamente imputabili.