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Il periodo di comporto è quel lasso di tempo in cui il lavoratore, ancorché assente dal lavoro per malattia, ha il diritto alla conservazione del proprio posto di lavoro; lo stesso è generalmente stabilito dalla legge e regolato dai contratti collettivi o, in mancanza di riferimenti, dagli usi e dalla prassi.
In pratica, tale periodo agisce come una tutela del lavoratore giacché, all’interno dello stesso, il datore di lavoro potrà procedere al licenziamento del dipendente solo per giusta causa o per giustificato motivo dovuto a sopravvenuta impossibilità della prestazione o cessazione totale dell’attività imprenditoriale.
Con riferimento agli operai agricoli assunti a tempo determinato (braccianti), ad esempio, il periodo di comporto, ossia il periodo massimo pagato dall’INPS, è pari al numero di giorni di iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli, per un massimo di 180 giorni, mentre per i lavoratori agricoli assunti a tempo indeterminato è riconosciuta un’indennità di malattia (e quindi un periodo di comporto) sino a 180 giorni in un anno.
Effettuare il giusto calcolo di tale periodo temporale risulta fondamentale per il datore di lavoro, in quanto intimare un licenziamento per superamento del periodo di comporto e riscontrare a consuntivo che i conteggi risultano sbagliati, comporta la nullità dell’atto per violazione della norma imperativa prevista dal comma 2 dell’art. 2110, Codice Civile.
La giurisprudenza si è più volte espressa al riguardo, cercando di definire le fattispecie che devono o non devono essere computate in sede di calcolo di tale lasso temporale.
In particolare, nella determinazione del periodo di comporto assumono rilievo le assenze per malattia nei giorni lavorativi e festivi (comprese le domeniche) nonché le assenze dovute a infortuni sul lavoro o malattie professionali, sempreché non risulti dimostrabile una responsabilità diretta da parte del datore di lavoro.
In tale ultimo caso, infatti, laddove risulti dimostrata la responsabilità del datore di lavoro riconducibile al mancato rispetto delle prescrizioni espresse dall’art. 2087, Codice Civile, il periodo di assenza per malattia conseguente a tale inadempimento dovrà essere detratto dal calcolo del periodo di comporto (cfr. Corte di Cassazione, Sentenze nn. 7247/2022, 2527/2020 e 26498/2018).
Tra le altre cause di esclusione dal calcolo del periodo di comporto, troviamo le assenze per malattia collegate al puerperio che, secondo precise indicazioni del Ministero del Lavoro, non risulteranno rilevanti a tale scopo indipendentemente dalla durata qualora questa, debitamente documentata, risulti anche superiore al periodo convenzionalmente definito.
Il tema in commento, tuttavia, risulta essere estremamente delicato e non oggettivamente definito in quanto non è raro incontrare pronunciamenti della giurisprudenza di segno opposto su tematiche comuni (da ultimo vedasi posizioni assunte dalla Corte d’Appello di Genova - Sentenza n. 211 del 21 luglio 2021 e di Torino - Sentenza n. 604 del 3 novembre 2021, in merito alla computabilità dei giorni di assenza per malattie collegate allo stato di invalidità).
Per tale motivo suggeriamo, prima di procedere ad intimare un licenziamento motivato dal superamento di tale periodo temporale, di procedere ad un attento esame delle specifiche proprie del contratto collettivo di lavoro applicato, magari affidandosi ad un consulente professionale esperto del settore che possa esaminare attentamente le fattispecie ricorrenti al fine di determinare il giusto calcolo del periodo di comporto.