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Come noto, le sanzioni applicate ai datori di lavoro che non versano i contributi all’INPS riferiti ai propri dipendenti, sono estremamente elevate e, sino a poco tempo fa, potevano raggiungere la soglia edittale minima di 17.000 euro anche per omissioni di versamento corrispondenti a poche centinaia di euro.
Seppure la lotta contro i comportamenti illeciti deve potere prevedere l’adozione di importanti sanzioni, il principio della proporzionalità, in più occasioni ribadito dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, non può essere disatteso al fine di non creare disomogeneità nell’equilibrio tra le parti.
Sono, infatti, previsti differenti interventi sanzionatori con riferimento alle diverse fattispecie che si possono presentare e lo stesso comma 6 dell’art. 3, D.Lgs. n. 8/2016, intervenendo a parziale modifica del D.L. n. 463/1983, stabilisce che: “l’omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1, per un importo superiore a euro 10.000 annui, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032. Se l’importo omesso non è superiore a euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000. Il datore di lavoro non è punibile, né assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione”.
In pratica, per i datori di lavoro che hanno omesso o eseguito in ritardo il versamento dei contributi previdenziali trattenuti ai propri dipendenti per importi fino a 10.000 euro annui, la sanzione amministrativa, sino ad oggi prevista nella misura di 17.000 euro, si riduce al minimo edittale pari a 10.000 euro.
Precisiamo, tuttavia, che al datore di lavoro è consentito regolarizzare la propria posizione intervenendo al riguardo entro tre mesi dalla contestazione dell’INPS.
Si rileva che proprio l’INPS, con suo Messaggio n. 3516 del 27 settembre 2022, ha identificato il regime sanzionatorio intertemporale relativo alla determinazione della soglia fino a 10.000 euro, in relazione al fatto che le mensilità che concorrono alla consuntivazione annuale siano riferite alle violazioni commesse prima o dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 8/2016 (6 febbraio 2016).
La discriminante viene individuata nella notifica degli atti di accertamento, pertanto avremo che:
Con riferimento, infine, all’”ordinanza ingiunzione”, già regolarmente notificate e non opposte, la rettifica dell’importo della sanzione va suddivisa tra violazioni ante e post 2016 come segue: