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All’atto dell’assunzione di un nuovo lavoratore, le aziende si interrogano sempre sulla durata del periodo di prova, ovvero il periodo secondo il quale il lavoratore neoassunto svolgerà un periodo di inserimento e conoscenza della nuova azienda, delle sue mansioni e della realtà produttiva nella quale è stato assunto.
Il patto di prova, perché sia valido, deve essere inserito nel contratto di assunzione o comunque deve essere riconducibile ad un atto scritto. La durata viene stabilita dal Contratto Collettivo Nazionale applicato in azienda e commisurato al livello di inquadramento.
Il Decreto Trasparenza ne ha imposto la durata massima, fissata in sei mesi, mantenendo ovviamente in vigore le previsioni contrattuali che stabiliscono periodi inferiori.
Durante il periodo di prova le parti, quindi datore di lavoro e lavoratore, possono recedere dal contratto liberamente senza alcun periodo di preavviso. Si ritiene in ogni caso obbligatoria la forma scritta finalizzata ad evitare qualsiasi contenzioso collegato all’eventuale recesso verbale.
In caso di interruzione del rapporto di lavoro, per il datore di lavoro vige comunque l’obbligo di retribuire il lavoratore sino all’ultimo giorno di lavoro, riconoscendo allo stesso le spettanze retributive maturate sino alla data di cessazione del contratto.
Il superamento del periodo di prova senza che intervenga alcuna formale interruzione da parte di una delle parti contraenti, determina la prosecuzione del contratto sottoscritto alle condizioni pattuite.
Ci si interroga spesso se il periodo di prova possa in qualche occasione essere prorogato. Fino a prima del Decreto Trasparenza ci si basava esclusivamente su orientamenti giurisprudenziali, mentre il Decreto sopracitato, all’art. 3, identifica gli eventi per i quali il periodo di prova viene interrotto e quindi contestualmente prorogato per la medesima durata dell’evento interessato. Ci si riferisce a maternità, paternità, malattia e infortunio.
Interessante l’intervento del Legislatore nel merito del proporzionamento della durata del periodo di prova per i contratti a tempo determinato.
Sino a prima dell’intervenuto Decreto Trasparenza era la prassi giurisprudenziale a delineare le modalità di gestione nel caso in cui il rapporto a termine venisse interrotto durante il periodo di prova. Numerosi, al riguardo, sono stati i contenziosi e con le nuove disposizioni si ritiene “quasi” esaustivo il chiarimento normativo.
“Quasi” perché sarà inevitabile il rimando al CCNL e quindi l’adeguamento degli stessi, previa concertazione tra le parti sociali, ma possiamo ritenerci soddisfatti nella prima interpretazione che il Decreto stesso fornisce ad aziende ed addetti ai lavori.
Il Decreto Trasparenza afferma che il periodo di prova dovrà avere per i contratti a tempo determinato durata proporzionale alle mansioni da svolgere.
In linea generale, o quanto meno in prima istanza e in attesa che i contratti recepiscano tali disposizioni, si può presupporre un riproporzionamento calcolato sulla base del periodo di prova previsto per i contratti a tempo indeterminato e determinato sui dodici mesi.
Alla luce di quanto sopra esposto, le aziende e i dipendenti, durante il periodo di prova, hanno quindi la possibilità in ogni caso di conoscersi a vicenda e valutare le rispettive esigenze, per definire se proseguire nel rapporto di lavoro.
Si rende comunque necessario precisare che il periodo di prova è considerato tale esclusivamente in presenza di regolare rapporto di lavoro. Pertanto, non può essere considerato un lavoratore in prova colui che presta la sua attività (anche se privo di conoscenze) senza un contratto di lavoro. In tal caso siamo di fronte ad una violazione di legge e in presenza di lavoro nero.
Il periodo di prova come sopra esposto può variare in relazione al contratto collettivo applicato, nonché al livello di inquadramento del dipendente, pertanto vi consigliamo di informarvi sempre puntualmente con il vostro consulente del lavoro, affinché possa darvi tutti gli elementi di valutazione corretti, prima di stipulare un contratto di lavoro con un nuovo lavoratore.