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I compensi per prestazioni di lavoro autonomo, anche occasionali, sono soggetti all’applicazione di una ritenuta a titolo di acconto IRPEF, fissata nella misura del 20%, da operare all’atto del pagamento del corrispettivo.
Le ritenute operate devono essere quindi versate dal committente, a mezzo Modello F24, entro il giorno 16 del mese successivo a quello del pagamento. A seguito delle modifiche apportate dall’art. 9, commi 4 e 5, D.Lgs. n. 1/2024, qualora l’importo delle ritenute di cui all’art. 25, D.P.R. n. 600/1973, non superi la soglia limite di 100 euro, il relativo versamento può essere effettuato unitamente a quello del mese successivo e, comunque, entro il 16 dicembre dello stesso anno. Il versamento delle ritenute operate nel mese di dicembre, invece, deve essere comunque effettuato entro il giorno 16 del mese successivo.
Con Risoluzione n. 199/E del 30 novembre 2001, l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto ai sostituti d’imposta la possibilità di applicare, previa espressa richiesta del lavoratore autonomo, la ritenuta di acconto con un’aliquota superiore a quella prevista dall’art. 23, D.P.R. n. 600/1973.
L’applicazione sui redditi di lavoro autonomo di un’aliquota IRPEF superiore al 20%, così come precisato nella circolare stessa, può essere motivata dalla volontà del lavoratore autonomo di non ritrovarsi, alla scadenza dei termini per il versamento delle imposte sui redditi, privo della necessaria liquidità.
Tale peculiare ipotesi, che può essere giustificata anche dalla presenza di redditi di lavoro autonomo di importo rilevante, può dunque mettere al riparo il lavoratore autonomo dall’eventualità di non disporre delle risorse necessarie per il pagamento delle imposte dovute a titolo di saldo e di acconto.
Inoltre, in caso di committenti con crediti d’imposta derivanti da provvedimenti creditizi agevolativi - ad esempio, credito d’imposta Industria 4.0, crediti per bonus edilizi - ci sarebbe una ulteriore opportunità di recupero del credito. Ciò vale in particolare per il settore agricolo che, a seguito della tassazione catastale, potrebbe recuperare l’intero credito d’imposta maturato solo dopo diversi anni.
A sua volta, il sostituto d’imposta destinatario della richiesta di applicazione della ritenuta con un’aliquota più elevata rispetto a quella ordinaria, non subisce alcuna penalizzazione di carattere finanziario, giacché la maggiore ritenuta versata è comunque compensata dal minor compenso erogato al lavoratore autonomo.
Conseguentemente, in sede di predisposizione della Certificazione Unica, il committente della prestazione, sostituto d’imposta, è tenuto a evidenziare l’applicazione della ritenuta con un’aliquota più elevata, effettuata a seguito della richiesta avanzata dal lavoratore autonomo (tenuto a evidenziare in fattura l’applicazione di tale maggiore aliquota d’imposta).
L’Agenzia delle Entrate ha peraltro giustificato l’applicazione di una aliquota d’imposta più elevata anche in relazione ai redditi di lavoro dipendente e assimilati.
In particolare, con Circolare n. 326/E/1997, l’Agenzia delle Entrate ha legittimato la possibilità dei sostituti d’imposta di applicare, nell’ambito dei redditi di lavoro dipendente e assimilati, previa richiesta del percipiente, un’aliquota più elevata rispetto a quella derivante dall’applicazione dell’art. 23, D.P.R. n. 600/1973.
Dunque, in sede di effettuazione delle ritenute, il sostituto può, previo accordo con il sostituito, applicare un’aliquota più alta rispetto a quella derivante dal ragguaglio al periodo di paga degli scaglioni annui di reddito.
In questo modo, senza arrecare alcun danno all'Erario, che anzi si vede anticipato il versamento delle imposte, è possibile evitare che, al momento dell'effettuazione delle operazioni di conguaglio, l'imposta effettivamente dovuta sia troppo elevata, con il rischio di chiudere con un conguaglio incapiente.
Invece, l’applicazione di una maggiore ritenuta, specie se determinata a seguito di un’attenta analisi del reddito imponibile atteso e delle detrazioni di cui è possibile fruire, può “avvicinare” la tassazione a quella effettivamente applicabile in sede di dichiarazione dei redditi ovvero di conguaglio complessivo.
Peraltro, fermo restando l’obbligo di effettuare le operazioni di conguaglio ai sensi dell’art. 23, D.P.R. n. 600/1973, il sostituto d’imposta può anche non restituire il credito derivante dall’applicazione di un’aliquota più elevata rispetto a quella derivante dal ragguaglio al periodo di paga degli scaglioni annui di reddito.
In tale ipotesi è sufficiente che il sostituto d’imposta evidenzi la suddetta circostanza in sede di predisposizione della relativa Certificazione Unica.
L’evidenziazione dell’applicazione di un’aliquota IRPEF più elevata nella Certificazione Unica non influisce sugli adempimenti dell’eventuale successivo sostituto d’imposta che effettua le operazioni di conguaglio tenendo conto anche dei redditi corrisposti dal precedente sostituto. In tal caso, infatti, in assenza di ulteriore richiesta formale da parte del percipiente, l’eventuale credito risultante dal conguaglio deve essere comunque restituito.
In buona sostanza, la Risoluzione conferma la possibilità per i percipienti di chiedere ai sostituti d'imposta l’applicazione di un'aliquota IRPEF più elevata, con l’obbligo per i sostituti di evidenziare tale scelta nella Certificazione Unica dei redditi. Essa chiarisce inoltre che questa applicazione è possibile anche per i redditi di lavoro autonomo, evitando inutili adempimenti per i sostituti d'imposta e possibili conguagli incapienti per i percipienti.