Articoli
Tutti gli aggiornamenti, gli approfondimenti e i casi pratici analizzati e realizzati dai nostri esperti in materia agricola, fiscale, economica e del lavoro.
Con la pubblicazione della legge n. 199 del 29 ottobre 2016 e la sua entrata in vigore lo scorso 4 novembre, l’Italia si è dotata di una disciplina molto avanzata e stringente contro il caporalato, un fenomeno purtroppo molto diffuso nel Belpaese, in particolare nei settori dell’agricoltura e dell’edilizia.
Di quelle che sono le principali linee guida del testo normativo abbiamo già dato notizia in una precedente circolare, tuttavia riteniamo importante rimarcare alcuni dei profili di questa disciplina, in quanto suscettibili di avere effetti molto significativi dal punto di vista applicativo.
Secondo il testo dell’art. 603-bis del codice penale, così come modificato dalla L. 199/2016, integrano la fattispecie di reato tutte quelle condotte volte a:
Uno dei profili di maggiore novità della norma in esame, riguarda la diretta responsabilità del datore di lavoro, il quale viene chiamato a rispondere dello sfruttamento dei lavoratori alla stregua del “caporale” che li ha reclutati.
Un altro aspetto molto delicato riguarda i cosiddetti indici di sfruttamento. Si tratta di quegli elementi che il legislatore ha individuato al fine di poter far rientrare la condotta del datore all’interno della disciplina anticaporalato.
I quattro parametri individuati dalla legge sono:
Sarà la prassi applicativa della norma a dire quali saranno i risvolti concreti di questa nuova disciplina. Tuttavia, è innegabile che il confine degli indici di sfruttamento poc’anzi citati sia estremamente ampio: se da un lato ciò dà importanti strumenti repressivi per debellare un fenomeno assolutamente da estirpare, dall’altro si rischia di andare a toccare anche alcune situazioni che poco hanno a che vedere con il caporalato.
Si pensi ad esempio al caso del lavoratore che, trovandosi in crisi economica, accetti di lavorare con un compenso simbolico per un certo lasso di tempo con la promessa di una futura assunzione; ovvero un soggetto che, in una condizione di bisogno, accetti o addirittura richieda di lavorare per un certo periodo continuativo senza sfruttare il proprio diritto al riposo.
Situazioni come quelle sopra indicate, che presentano indubbi profili di criticità dal punto di vista giuslavoristico, potrebbero infatti essere qualificate come sfruttamento ai sensi dell’art. 603-bis c.p. con la conseguente applicazione delle sanzioni penali che, come noto, sono molto pesanti:
Tutti i datori di lavoro, quindi, dovranno ora stare molto attenti: qualunque reiterata violazione delle norme che regolano il rapporto di lavoro potrebbe essere fatta rientrare all’interno dell’area sanzionatoria della nuova legge contro il caporalato. In tal caso, le conseguenze potrebbero essere davvero pesanti.