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L’organizzazione del lavoro in un’azienda rappresenta una delle attività più delicate e complicate che ogni imprenditore deve gestire e spesso il lavoro dipendente rappresenta una delle componenti di costo più importanti.
FARSI ILLUDERE DA FANTOMATICI CONTRATTI POTREBBE ESSERE DELETERIO.
ECCO LE MOTIVAZIONI E LE PRINCIPALI REGOLE DA RISPETTARE
Il costo del lavoro nel nostro paese risulta uno dei problemi maggiori per chi fa impresa.
La soluzione a questa annosa questione non è sicuramente l’utilizzo di manodopera a basso costo, reclutata attraverso “accattivanti” messaggi promozionali che celano responsabilità pesantissime per l’imprenditore che ne usufruisce.
Il dilagare dell’utilizzo di prestazioni di questo tipo in diversi settori dell’economia con particolare riguardo al settore agricolo, ci ha indotti a segnalare le diverse criticità che l’imprenditore deve assolutamente monitorare.
Il complesso intreccio tra:
- le necessità dell’azienda di avere certezza nella realizzazione dei compiti e rispetto delle tempistiche programmate nell’esecuzione delle attività;
- le responsabilità ed i costi del lavoro, anche connessi alla formazione, alla prevenzione ed alla sicurezza;
- le giuste esigenze ed i diritti dei lavoratori che comunque impattano con le necessità aziendali;
- la necessità di razionalizzare e rendere certi i costi al fine di poter valutare la marginalità delle attività svolte;
attualmente sta inducendo molte imprese a valutare la possibilità di “sostituzione” dei propri lavoratori dipendenti con servizi in outsourcing.
In diversi casi, viene suggerito alle imprese di procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro con i dipendenti in forza ed a sua volta assunti dalla cooperativa, per poi essere utilizzati dal medesimo ex datore di lavoro.
Le prestazioni fornite, vengono generalmente offerte mediante contratto d’appalto.
Va ricordato che un appalto si definisce regolare quando l’imprenditore appaltatore ha una sua organizzazione per la quale si assume il rischio d’impresa ed esercita potere direttivo nei confronti dei dipendenti. I lavoratori dell’appaltatore non devono infatti prendere ordini da soggetti diversi dall’Appaltatore, non sono soggetti al potere direttivo e di controllo del Committente o di un suo dipendente, e non possono quindi essere allontanati né sanzionati dal Committente.
Il Committente non può cioè sostituirsi all’Appaltatore riducendolo a mera entità di trasmissione delle proprie direttive e, per tale ragione, non può, ad esempio, decidere volta per volta il numero di lavoratori da utilizzare o i soggetti da utilizzare rispetto ad altri.
I lavoratori dell’appaltatore non devono sostituire in alcun modo i dipendenti del Committente e devono essere ben identificabili senza confondersi con i lavoratori del Committente. Per le stesse ragioni, è altresì necessario che non vi sia alcuna previsione che attribuisca rilievo a indicazioni/istruzioni del Committente.
Va aggiunto inoltre, che le cooperative di lavoro operano attraverso contratti d’appalto e ai sensi dell’art.7 comma 4 L. 31/2008, in presenza di una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, nello svolgimento di attività ricomprese nell’ambito dell’applicazione del contratto di categoria, devono applicare ai propri lavoratori trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali, comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria.
Ne consegue che, per i lavoratori subordinati sussiste l'obbligo di applicazione di istituti normativi che la legge disciplina per la generalità dei lavoratori (t.f.r., ferie, ecc.). Qualora la cooperativa non eroghi il trattamento economico minimo, sorge la possibilità di una vertenza con il lavoratore, diffida accertativa DTL (nota Min. Lav. 1954/2009) sanzioni per omesso pagamento dei contributi. L’imponibile contributivo dovrà essere calcolato comunque sul c.c.n.l. comparativamente rappresentativo con l’applicazione di sanzioni per errata tenuta del libro unico del lavoro.
Con l’approvazione del D.lgs 276/2003 è stata ulteriormente ampliata la responsabilità solidale del committente. Infatti, all’art. 29 - comma 2 stabilisce che “in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento”.
È stato abolito l’obbligo per i lavoratori e per gli enti previdenziali di escutere preventivamente il patrimonio dell’appaltatore per le obbligazioni derivanti dall’appalto: in forza del principio di responsabilità solidale, tali soggetti possono rivalersi direttamente anche sul committente.
Nel caso di diretta escussione del committente, costui avrà comunque la possibilità di agire in giudizio nei confronti dell’appaltatore per il rimborso di tali spese.
Inoltre, va sottolineato che il D.L. 25/2017 ha escluso la possibilità dei contratti collettivi nazionali di individuare metodi e procedure di controllo e di verifica per la regolarità complessiva degli appalti.
Sulla base di ciò, in assenza di una specifica disposizione di legge, la responsabilità solidale del committente può essere bilanciata solo in sede contrattuale: è solo all’atto della stipula del contratto di appalto che il committente potrà stabilire le eventuali di modalità di controllo sulla correttezza e la regolarità della filiera.
Ciò, però, potrebbe non essere sufficiente. Infatti, capita che i committenti privati concordino contrattualmente anche l’obbligo per l’appaltatore di stipulare accordi transattivi e certificazioni attestanti la regolarità dei contratti stipulati e l’assenza di pendenze, al fine di garantire la propria posizione.
Anche in tal caso, però, i lavoratori o gli enti previdenziali, sulla base della legge vigente, avranno comunque il diritto di rivalersi direttamente sul committente stesso. Il quale avrà quindi un’illimitata responsabilità su una situazione di cui non avrà mai il pieno controllo.
Anche ai fini della sicurezza il D.lgs 81/2008 all’articolo 15 prevede degli adempimenti che riguardano oltre il datore di lavoro anche il committente ed a cui occorre fare attenzione.
Tra le misure alle quali anche il committente deve attenersi citiamo:
a) La riduzione dei rischi alla fonte;
b) La sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso;
c) La priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;
d) L’uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
e) La regolare manutenzione di ambienti, di attrezzature, di impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti.
Qualora le attività della committente e dell’appaltatore si intreccino occorrerà definire il documento unico di valutazione dei rischi da interferenza e valutare una procedura (e magari delle figure) di coordinamento.
L'esternalizzazione del processo produttivo non esonera il datore di lavoro dalla responsabilità di un infortunio se non dimostra di avere verificato l’idoneità tecnico-professionale dell’appaltatore.
L’evoluzione dei modelli di organizzazione dell’impresa si sono ormai indirizzati ad un crescente decentramento produttivo, che avviene affidando in outsourcing attività non sempre accessorie o marginali ad imprese specializzate e lavoratori autonomi, con l’obiettivo di migliorare efficienza e competitività e contestualmente di ridurre i costi. Il settore degli appalti e subappalti rientra indubbiamente tra quelli più esposti al pericolo di gravi incidenti, spesso per l’eccessiva parcellizzazione del lavoro e la compresenza in uno stesso luogo di personale di datori di lavoro diversi che possono mettersi in pericolo reciprocamente. Ne deriva già nell'ambito del D.Lgs. n. 626/1994 (art. 7) un rimarcato obbligo di iniziativa a carico del committente, chiamato ad esercitare un’attività di prevenzione nei confronti del personale terzo ed a verificare, anche attraverso l’iscrizione alla CCIAA, l’idoneità tecnico-professionale dell’appaltatore, oltre che a fornire dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nel luogo di lavoro e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività. Si rafforza quindi il principio della c.d. “culpa in eligendo” propria del datore di lavoro, indotto alla selezione di soggetti in possesso di professionalità documentata ed accertata, aspetto integrato poi dal D.Lgs. 81/2008 (art. 26) con una serie di requisiti di affidabilità inerenti le competenze e la formazione dei lavoratori, i requisiti di sicurezza delle attrezzature e dei dispositivi di protezione utilizzati. La disponibilità di contenuti informativi quali cicli lavorativi, macchine e impianti, sostanze e preparati e, aspetto non meno importante, la presenza di personale del committente durante l'esecuzione dei lavori, che rende anche obbligatoria la redazione del DUVRI, ha lo scopo di garantire la necessaria prudenza e consapevolezza a chi si trova ad operare in un ambiente di cui non è “padrone”. Non meno rilevante è la sollecitazione alla cooperazione ed al coordinamento degli interventi attraverso l’informazione reciproca, allo scopo di rimuovere l’interferenza tra le lavorazioni, che degli appalti costituisce l’elemento critico e di rischio più rilevante. La Corte di Cassazione, attraverso la sentenza 28.10.2016, n. 21894, ha fornito un indirizzo utile alla corretta applicazione dell’art. 26 D.Lgs. n. 81/2008, trasposizione dell’art. 7 D.Lgs. n. 626/1994 vigente al momento dell’evento infortunistico. Richiamando gli obblighi nei confronti dell’impresa affidataria conferma che l’esternalizzazione in tutto o in parte del processo produttivo non esclude che il datore di lavoro committente venga ritenuto responsabile di un evento infortunistico, se non dimostra di avere adeguatamente verificato l’idoneità tecnico-professionale del soggetto al quale ha appaltato i lavori, concorrendo alla prevenzione del rischio specifico connesso alla loro realizzazione anche attraverso l’informazione degli addetti. Sulle modalità di effettuazione della verifica il criterio risulta molto stringente, dato che viene richiesta una valutazione attuale dei requisiti tecnico-materiali, che preveda sia il controllo di eventuali macchine da impiegare nell'attività che la richiesta di documentazione che ne attesti l’efficienza ed imponendo l’esercizio di una vigilanza diretta o attraverso un preposto di idonea esperienza, oltre all'individuazione dei rischi specifici connessi all'uso dei mezzi meccanici da impiegare in azienda.