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Il contratto di apprendistato è stato originariamente introdotto nell’ordinamento giuridico italiano allo scopo di dare uno strumento ai datori di lavoro tramite cui assumere giovani lavoratori ed affiancare, all’attività lavorativa in senso stretto, una parallela attività di formazione.
Tale istituto è stato profondamente modificato ed ampliato con il cosiddetto Jobs Act (D. Lgs. 81/2015), che, agli articoli da 41 a 47, ha ridisciplinato integralmente la materia dell’apprendistato.
Tra le tipologie regolamentate dal Jobs Act, particolare interesse merita il cosiddetto “apprendistato senza limiti di età” disciplinato dall’art. 47, comma 4 del D. Lgs. 81/2015. Tale norma prevede che “ai fini della loro qualificazione o riqualificazione professionale è possibile assumere in apprendistato professionalizzante, senza limiti di età, i lavoratori beneficiari di indennità di mobilità o di un trattamento di disoccupazione. Per essi trovano applicazione, in deroga alle previsioni di cui all'articolo 42, comma 4, le disposizioni in materia di licenziamenti individuali, nonché, per i lavoratori beneficiari di indennità di mobilità, il regime contributivo agevolato di cui all'articolo 25, comma 9, della legge n. 223 del 1991, e l'incentivo di cui all'articolo 8, comma 4, della medesima legge”.
Pertanto, possono usufruire di tale opportunità tutti i lavoratori, a prescindere dall’età, che percepiscano l’indennità di mobilità o un trattamento di disoccupazione (NASPI).
L’altro elemento essenziale della disciplina è l’attività di qualificazione o riqualificazione del lavoratore, sul cui significato non mancano i dubbi.
La circolare n. 5/2013 del Ministero del Lavoro, con riferimento alle altre tipologie di apprendistato, aveva evidenziato come per “qualificazione” si dovesse intendere lo sviluppo di qualità e competenze non precedentemente possedute dal lavoratore. In caso contrario, dovrebbe ritenersi nulla la finalità formativa dell’apprendistato e, conseguentemente, il contratto stesso.
Nella circolare, si è specificato anche che un preesistente rapporto di lavoro di durata limitata non pregiudica la possibilità di costituire un nuovo rapporto formativo.
Nei fatti, quindi, per poter valutare la possibilità di procedere ad una qualificazione o riqualificazione del lavoratore, occorre analizzare nel concreto se sia possibile strutturare un piano formativo individuale suscettibile di garantire un arricchimento complessivo delle competenze di base e di quelle tecnico-professionali del lavoratore.
Per evitare contestazioni, sarà fondamentale redigere con grande cura il piano formativo individuale, evidenziando le qualità e le caratteristiche prepossedute (sviluppate magari in precedenti esperienze, lavorative e non), nonché mettendo in luce le aree di miglioramento del dipendente. Ciò dovrebbe cautelare maggiormente il datore in caso di visita ispettiva.
Infine, giova sottolineare quanto sostenuto dal Ministero del Lavoro con l’interpello n. 5/2017 sul tema della cosiddetta formazione di base o trasversale. Nel parere, si è ritenuto che se il lavoratore, nell’ambito di pregresse esperienze lavorative, abbia già acquisito nozioni relative alla sicurezza, all’organizzazione aziendale, alla capacità relazionale (e alla comunicazione), ecc., questi deve essere escluso dallo svolgimento da tali attività formative. Lo stesso, peraltro, vale per l’apprendista che sia in possesso di un attestato di acquisizione delle competenze di base e trasversali acquisite nell’ambito di un precedente contratto di apprendistato.
Concludendo, l’apprendistato senza limiti di età è una interessante opportunità, che può dare alle aziende la possibilità di assumere lavoratori già maturi, che si trovino fuori dal mercato del lavoro, usufruendo di tutti i benefici e le agevolazioni di un contratto di apprendistato, ad eccezione dello sgravio contributivo previsto nel caso di trasformazione del rapporto in un contratto di lavoro a tempo indeterminato.