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Qualche settimana fa eravamo entrati nel merito del diffuso (purtroppo) utilizzo da parte delle aziende di società di servizi e di società cooperative le quali svolgono la loro attività offrendo prestazioni di lavoro a basso costo.
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha reso noti i risultati dell’attività ispettiva rivolta al contrasto del lavoro irregolare, piuttosto diffuso sul territorio italiano, rilevando nel 2017 circa il 65% di irregolarità nelle aziende ispezionate con circa 43.700 lavoratori in nero, con debiti contributivi per quasi 20 milioni di euro e sanzioni civili per circa 6.5 milioni.
Il Consiglio di Stato con sentenza n. 1571 del 12 marzo 2018 è intervenuto con una sentenza definita dagli esperti “epocale”.
L’organo supremo ha, infatti, delineato in maniera chiara e netta i così detti indici sintomatici con i quali è possibile differenziare un appalto di servizi alla mera somministrazione di personale.
Andiamo per ordine:
Si definisce appalto il contratto con cui una parte (appaltatore) assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, l'obbligazione di compiere in favore di un'altra (committente/appaltante) un'opera o un servizio. Si definisce somministrazione di lavoro; il contratto di natura commerciale che coinvolge tre soggetti:
Il Consiglio di Stato, in merito ai due strumenti su esposti ha precisato che trattasi di appalto di servizi quando l’oggetto ha un’obbligazione di risultato e quindi l’appaltatore si assume il compito di raggiungere un determinato risultato sulla base della richiesta del committente. Si rientra nel campo della somministrazione di lavoro, invece, quando l’obbligazione è di mezzi ovvero nel momento in cui l’agenzia di somministrazione regolarmente iscritta all’Albo istituito presso il Ministero del Lavoro s’impegna a fornire prestazioni lavorative.
Sono stati inoltre definiti requisiti ed elementi necessari per qualificare un contratto d’appalto non genuino:
Esaminando i singoli punti, quello che balza all’attenzione in maniera primaria è rappresentata dal fatto che un’obbligazione di risultato insita nel contratto di appalto non può essere raggiunta mediante la formulazione contrattuale ad ore.
Così facendo, il rischio molto elevato di vedersi disconoscere l’appalto a fronte della somministrazione con la conseguenza che, qualora non si abbia sottoscritto un contratto con un’Agenzia di somministrazione e lavoro, si riconduca il tutto a somministrazione illecita di manodopera.
L’attività dell’appaltatore deve risultare, pertanto, autonoma in termini di mezzi e strumenti. In particolare le attrezzature utilizzate per la fornitura del servizio, gli strumenti per effettuare la prestazione devono essere ricondotti all’appaltatore e non al committente.
A questo si aggiunge che l’appalto non genuino potrebbe risultare anche per il solo affidamento di parte dell’attività, normalmente affidata al personale del committente, quale necessità dell’appaltante di sostituire personale momentaneamente non disponibile.
Resta inteso, come già più volte sottolineato dalla giurisprudenza, che tra committente e appaltatore non deve esserci commistione, promiscuità nell’esecuzione delle opere, ma una chiara e netta separazione tra le due imprese. In tal senso si delinea anche la necessità che il potere direttivo da parte dell’appaltatore sia diretto ai propri lavoratori subordinati.
In linea generale, si delinea un nuovo giro di vite a tutte quelle attività che negli ultimi tempi sono nate per “sostituire” personale, fornendo a basso costo e contro ogni norma di legge oltreché contrattuale forza lavoro irregolarmente assunta.