Articoli
Tutti gli aggiornamenti, gli approfondimenti e i casi pratici analizzati e realizzati dai nostri esperti in materia agricola, fiscale, economica e del lavoro.
Con la fine dell’anno 2020, giungerà al termine anche l’attuale sistema PAC: dal 2021, quindi, nuovi sistemi, nuove logiche e nuovi strumenti saranno alla base della nuova politica agricola comune.
Tra le novità, ci dovrebbe essere anche la possibilità per i singoli Stati di scegliere come modulare e regolare l’intero sistema dei pagamenti di base. Andiamo a vedere cosa significa.
La proposta di Regolamento presentata alla UE nel mese di giugno suddivide i pagamenti della nuova PAC in diverse categorie:
Inoltre, ogni Stato membro ha la facoltà di prevedere, per i piccoli agricoltori, un ulteriore pagamento forfettario sostitutivo di tutti i pagamenti diretti. Tale pagamento territoriale, dovrà essere riportato e regolato nei singoli piani strategici nazionali.
Tra le annunciate novità, invece, vanno registrati l’abolizione del greening, l’inserimento di alcuni regimi volontari per il clima e l’ambiente e la non obbligatorietà del pagamento per i giovani agricoltori.
Nella bozza di regolamento sulla PAC 2021-2027, è previsto che il pagamento di base possa essere erogato con o senza titoli. Tutti gli altri pagamenti, invece, sono calcolati in base alla superficie.
Il pagamento sulla base di titoli rappresenta la tradizione del regime dei pagamenti PAC e ogni Stato membro può scegliere di non modificare in maniera sostanziale la modalità di attribuzione degli aiuti comunitari.
Nel caso in cui lo Stato scelga di mantenere i titoli all’aiuto, occorrerà tenere conto dell’obbligatorio processo di convergenza previsto dai regolamenti comunitari.
Il valore dei nuovi titoli che saranno assegnati nel 2021 sarà determinato partendo dal valore dei titoli sulla base della domanda dell’anno 2020: in concreto, il nuovo valore sarà determinato sommando il valore storico al pagamento greening.
L’ordinamento prevede però un processo di convergenza che porterà ad una progressiva riduzione del valore dei titoli di importo più elevato e un aumento di quelli di importo più ridotto: ciò dovrebbe avvenire entro il 2026, tramite la fissazione di un tetto massimo per il valore degli importi da un lato ed elevando il valore dei titoli di minor valore fino al 75% del valore unitario medio dall’altro (circa 242 euro/ha).
L’aumento del valore potrà essere finanziato anche tramite il taglio del valore dei diritti dagli importi più elevati: tale diminuzione, però, non potrà essere superiore al 30%.
Diversamente, gli Stati membri potrebbero scegliere di cambiare completamente rotta e strutturare il nuovo regime dei pagamenti di base eliminando i titoli.
L’attribuzione degli aiuti comunitari senza l’utilizzo dei tradizionali titoli potrebbe essere effettuata sulla base di un pagamento annuale uniforme per ettaro ammissibile, ossia meramente in base alla superficie. In alternativa, gli Stati potrebbero optare per l’attribuzione di un pagamento annuale, sempre in base alla superficie, ma differenziato per territorio.
Tale differenziazione potrà essere operata in base a criteri amministrativi (per regione o per macroaree) o sulla base di criteri orografici o socioeconomici.
Mentre nelle stanze del Parlamento e della Commissione Europea si lavora per portare a compimento la riforma della politica agricola comune, nei giorni scorsi pesanti sono arrivate le critiche della Corte dei Conti UE.
Analizzando la proposta di riforma presentata a giugno, infatti, la Corte ha affermato che la proposta avanzata “non risponde alle ambizioni della UE per quanto riguarda una strategia basata sulla “performance” più incisiva e più verde”, in quanto i piani presentati “dovrebbero essere più ecologici, fondati rigorosamente sui risultati e includenti un forte obbligo di rendicontazione”.
L’accusa mossa è quella di una nuova PAC troppo simile a quella in scadenza, con obiettivi strategici immutati e pericolose falle per quanto riguarda l’affidabilità delle domande e l’attività di controllo.
Non è da escludersi, quindi, che il legislatore europeo torni a mettere mano alla bozza presentata, rivedendo così alcune delle scelte fin qui operate.