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In base alle previsioni normative, il 2020 dovrebbe essere l’ultimo anno di vigenza dell’attuale sistema della PAC che, a partire dal 2021, sarebbe dovuto andare a regime, opportunamente riformato secondo i nuovi obiettivi della Commissione UE.
Le lungaggini nella formazione della nuova PAC e le prossime elezioni europee, però, hanno paralizzato tale processo e, ad oggi, appare improbabile che a gennaio 2021 si possa partire con la riformata politica agricola comune e tale incertezza genera dubbi e preoccupazioni per tutti gli operatori che si trovino a dover gestire compravendite di terreni o di titoli, nonché scadenze di contratti di affitto.
Sia che abbiano scadenza in data 10 novembre (la chiusura dell’annata agraria) o 31 dicembre, entro fine 2020 saranno numerosi i contratti di affitto di titoli o di terra che avranno fine e che dovranno essere rinnovati.
Tale scadenza era fissata in concomitanza con il termine della vecchia PAC e il rinnovo di detti rapporti sarebbe dovuto avvenire sulla base delle nuove regole, ma così difficilmente sarà.
Così, tanti sono i dubbi degli agricoltori: meglio stipulare contratti annuali o pluriennali? Come saranno assegnati titoli e contributi e chi saranno i beneficiari?
Quelle di cui sopra sono domande strategicamente fondamentali, la cui risposta è tutt’altro che semplice, anche tenendo conto delle prime linee guida sulla PAC post 2020 finora discusse.
Siccome appare improbabile che il processo di formazione della nuova PAC abbia termine nei tempi previsti dalla disciplina UE, ossia entro il 2020, sembra praticamente scontato che la nuova politica agricola comune non partirà prima del 1° gennaio 2021, ma non mancano le voci che ipotizzano lo slittamento di un ulteriore anno, ossia al 2022.
Accanto alle incertezze sui tempi, molti sono i nodi ancora da sciogliere anche in merito a quelle che saranno le regole relative ai pagamenti diretti, i quali potranno essere erogati con o senza titoli.
Quest’ultima possibilità potrebbe essere la novità assoluta del nuovo sistema della PAC, il quale sin dal 2005 si fonda sulla presenza di titoli all’aiuto, sulla base dei quali vengono erogati i contributi comunitari.
La scelta circa la modalità di erogazione dei contributi spetterà ai singoli Stati, i quali, scegliendo l’erogazione senza titoli, semplificherebbero molti passaggi: in tal caso, però, qualunque agricoltore potrebbe presentare annualmente la domanda PAC indicando le superfici ammissibili al fine di ricevere il relativo contributo, che sarebbe uniforme per ettaro.
Nel caso in cui, invece, il regime dei pagamenti diretti restasse ancorato ai titoli all’aiuto, i vecchi titoli scadrebbero al 31 dicembre 2020 e sarebbero riassegnati nel 2021 sulla base dell’anno di riferimento 2020. Oppure, in caso di ritardi, tali termini potrebbero slittare tutti in avanti di un anno.
Come già annunciato, però, a seguito della riassegnazione dei titoli si assisterà ad un graduale processo di convergenza del valore degli stessi, il quale passerà tramite la decurtazione di quelli di valore più alto e l’aumento di quelli di valore più basso, che terminerà nel 2026.
Il 2019 e il 2020 saranno gli ultimi due anni in cui, di certo, saranno in vigore le regole dell’attuale regime della PAC. Per il 2021, invece, come detto, c’è la possibilità, ma non la certezza che sia così.
Finché vigeranno le regole della “vecchia” PAC, i pagamenti diretti saranno erogati sulla base dei vecchi titoli e gli agricoltori potranno accedere alla Riserva Nazionale per ottenere nuovi titoli o aumentare il valore dei propri.
Se tale sarà la scelta, invece, nel 2021 o nel 2022 (in caso di slittamento) ci sarà la riassegnazione dei titoli sulla base delle superfici agricole dichiarate nella Domanda Unica dell’anno precedente. Tali titoli, poi, potranno essere utilizzati, ceduti e affittati secondo le valutazioni di opportunità operate dall’agricoltore.
In questo quadro di incertezza, oggi ci sono agricoltori che possono trovarsi a vendere o ad acquistare titoli e non è semplice effettuare una valutazione circa l’opportunità di tali operazioni.
Per chi acquista, l’indicazione che possiamo dare è quella di valutare l’operazione se il prezzo di acquisto non supera il valore del pagamento di base di un anno.
Infatti, se l’Italia opterà per l’erogazione dei pagamenti diretti senza titoli, l’investimento risulterà comunque ammortizzato entro il 2021. Al contrario, l’investimento risulterà maggiormente produttivo quando ci sarà la riassegnazione nel 2021 o nel 2022, in quanto il possesso dei titoli garantirà un importo di riferimento più elevato.