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La normativa europea prevede l’impegno al mantenimento dei prati e dei pascoli permanenti vista la loro fondamentale importanza sotto il profilo ambientale, anche al fine di salvaguardare l’ecosistema e per il loro importante ruolo nel favorire il sequestro del carbonio.
L’impegno al mantenimento dei prati e dei pascoli permanenti deriva dall’art. 45 del regolamento UE 1307/2013 a cui è seguito il Regolamento UE 636/2014.
Il Legislatore nazionale ha recepito la norma comunitaria con i D.M. 6513/2014 (art. 15), D.M. 1922/2015 (art. 3) e con il D.M. 5465/2018 (art. 14) che sono poi stati ripresi dalle circolari AGEA 42898/2019 e 35573/2018.
In sostanza gli stati membri devono garantire che il rapporto tra i prati e i pascoli permanenti e la superficie agricola totale non diminuisca in misura superiore al 5%.
Nel caso di una diminuzione oltre tale soglia, ogni Paese deve prevedere l’obbligo per i singoli agricoltori di convertire i terreni a prato permanente. In base al D.M. 6513/2014, in Italia tale soglia è stata cautelativamente abbassata dal 5% al 3,5%, cosicché le verifiche che vengono fatte annualmente considerano questo minor limite per mettere in evidenza eventuali anomalie.
Tra le recenti novità in tema di prati permanenti occorre segnalare:
L’articolo 3 del D.M. n. 1922/2015, poi sostituito dall’articolo 14 del D.M. n. 5465/2018, ha istituito il Registro dei prati permanenti al fine di monitorare l’evoluzione delle aree destinate a tale scopo.
Il Registro assolve alle seguenti funzioni:
Relativamente ai vincoli sui prati permanenti, gli agricoltori devono rispettare principalmente due impegni:
Per un ulteriore approfondimento sulla materia rinviamo all’articolo del Prof. Angelo Frascarelli:
“Il Registro dei prati permanenti” pubblicato sul n. 07-08/2019 della rivista ConsulenzaAgricola