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Parlando di bambù lo si associa ad una pianta esotica tipica delle zone tropicali difficilmente adattabile alle caratteristiche climatiche del continente europeo.
In realtà di bambù, che appartiene alla grande famiglia delle graminaceae (è quindi un’erba e non un albero), ne esistono oltre 1200 specie raccolte in oltre 80 generi differenti. In questa alta variabilità esistono sia specie a clima tropicale sia specie a clima temperato.
Nello specifico, il Bambù Gigante Onlymoso® appartiene al genere Phyllostachys specie pubescens (o edulis) ed è una varietà a clima temperato in grado di adattarsi e svilupparsi ottimamente nel clima mediterraneo.
Esso infatti predilige primavere miti e piovose, estati calde e inverni relativamente freddi. Questa coltura riesce infatti a resistere a temperature che arrivano anche a -15°C in inverno e a oltre 40°C in estate.
Da graminacea rustica e facilmente adattabile quale è, il Bambù Gigante Onlymoso® si sviluppa ottimamente nella maggior parte dei suoli. Le prerogative principali sono uno strato fertile di terreno di 30-40 cm e valori di ph compresi tra 5.5 e 8. Sono assolutamente da evitare suoli soggetti a ristagno idrico prolungato (sia superficiale sia sotterraneo), suoli eccessivamente compatti-asfittici e suoli salini, in questi terreni la coltivazione non riuscirà a svilupparsi come di norma.
Un’altra importante caratteristica del bambù gigante è lo sviluppo del suo apparato radicale. Si deve parlare di rizoma e non di radice. Il rizoma è di tipo leptomorfo o strisciante ed è una particolarità che fa sì che il Bambù possa colonizzare ampie porzioni di terreno.
A tal proposito uno dei luoghi comuni più conosciuti è il termine con il quale viene definito il Bambù ovvero “Infestante”. Troviamo necessario variare il termine negativo “infestante” con il termine positivo “Colonizzante”.
Nell’ottica di predisporre una coltura intensiva, questa caratteristica gioca a favore del coltivatore riducendo i tempi di crescita – sviluppo della piantagione. Difatti, questa caratteristica garantisce un più rapido sviluppo e soprattutto garantisce maggiore resistenza delle piante in quanto esse riescono a captare una maggior quantità di acqua ed elementi nutritivi presenti nel terreno sopperendo ai propri fabbisogni idrico- nutrizionali.
Ai fini di un più efficace contenimento dello sviluppo radicale del bambù, si consiglia di eseguire, laddove non sia presente, un “fosso” di contenimento profondo 30-50 cm e largo almeno 50 cm.
Oltre alla propagazione nel terreno del rizoma il bambù si può propagare attraverso la fioritura. A tal proposito questo evento è da considerarsi più unico che raro in quanto ad oggi esistono piantagioni di oltre 120 anni che non sono mai fiorite. Inoltre, una coltivazione tenuta sempre attiva dal punto di vista produttivo-agronomico godrà di maggiore salute e quindi sarà ancora più longeva.
La promozione della produzione di bambù in Italia è iniziata nel 2014 e la pianta veniva utilizzata a scopo commerciale-industriale.
I primi anni sono stati concentrati nella realizzazione di bambuseti al fine di produrre germogli alimentari e legname ma adesso, che in Italia sono presenti circa 2000 ettari di bambuseti, si è pensato di intraprendere un nuovo progetto.
Considerando che sul mercato esistono già industrie importanti (cellulosa, mangimistica, energia, bioplastica e legname) interessate a questa pianta e ai suoi derivati, ci si è fatti l’idea di indirizzare la coltivazione del bambù verso il settore dell’industria e, in particolare, quello della cellulosa.
Il progetto nasce dal fatto che le aziende cartiere Italiane hanno bisogno di circa 4 milioni all’anno di cellulosa, quantità che, ad oggi, viene acquistata sul mercato estero da quei paesi che già hanno una grande produzione di bambù.
Il fine di questo progetto è quello di creare una vera e propria filiera nelle varie regioni di Italia (stabilimenti ecologici – eco industria a inquinamento zero) che possano assorbire le produzioni dei nostri agricoltori per diventare indipendenti e non acquistare più dall’estero la cellulosa.
Per evitare di acquistare la cellulosa fuori dal Paese (il cui prezzo di mercato si aggira intorno a 1090 dollari per tonnellata), l’Italia dovrebbe produrre 100 mila ettari di bambù e il rapporto costi-benefici non è da sottovalutare: produrre una tonnellata di cellulosa (derivante da 2 tonnellate di bambù cippato) del valore commerciale di 1000 euro determina una redditività di circa il 25% annuo.
La produzione che si ritiene si possa realizzare da un bambuseto supera le 200 tonnellate a ettaro ed alcuni agronomi pensano che si possa arrivare anche a 500 tonnellate l’ettaro.
Onlymoso eco-industrial è una società che ha sposato il progetto ed intende coltivare bambù con l’obiettivo di indirizzare la propria produzione al settore industriale, sfruttando appieno i vantaggi di tale attività: