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Desta stupore, e al contempo preoccupazione, la nuova bozza della convenzione proposta da AGEA, con cui vengono progressivamente esclusi gli operatori CAA liberi professionisti dall’abilitazione all’utilizzo dei sistemi informativi dell’organismo pagatore.
Di norma, la libera professione determina una “selezione naturale” tra i professionisti, premiando coloro che dimostrano di avere maggiori competenze, capacità e in grado di offrire un servizio agile.
Insomma, ancor più in questi periodi di lockdown, per un’azienda affidarsi ad un CAA composto esclusivamente o prevalentemente da professionisti può rappresentare anche un elemento di ulteriore tranquillità per la maggiore responsabilità in capo agli stessi che, rispondendo personalmente del proprio operato, dovrebbero essere maggiormente determinati ad operare con giudizio e rispettare le scadenze, anche a fronte delle insidie imposte dalla burocrazia o da elementi imprevedibili come l’attuale pandemia.
Con questo non si vuol intendere che un CAA strutturato unicamente da lavoratori dipendenti debba essere una struttura scadente o necessariamente soggetta a maggiori rischi, tuttavia, l’attuale mix concesso alle imprese consente forse la migliore mediazione, dando una sufficiente possibilità di scelta alle imprese.
A volte la scelta di un CAA rispetto ad un altro, specie nel mondo dell’agricoltura, discende dall’opportunità, in determinati contesti, di svincolarsi dalle associazioni di categoria per non essere associati ad una particolare “fazione sindacale”, manifestando implicitamente anche un orientamento politico.
La scelta di AGEA di proseguire nell’intento di escludere, progressivamente, ma in tempi celeri, i professionisti dalle convenzioni, apre degli scenari inquietanti:
Le aziende agricole potranno essere anche nella condizione di dover duplicare i costi dell’assistenza, specie se sul territorio non esistono servizi o competenze in grado di garantire lo stesso livello di assistenza ricevuto dal loro professionista di fiducia.
Un altro rischio incombe sui CAA superstiti che si dovranno strutturare per gestire nuove aziende, adottando anche le necessarie tecnologie, dato che in epoca COVID-19 il confronto con le imprese spesso deve avvenire a distanza.
Le associazioni dei periti agrari e degli agronomi sono sul piede di guerra lamentando un’ingiustificata azione persecutoria delle loro categorie ad opera di AGEA e ciò che ulteriormente le inquieta è il silenzio del Ministro dell’Agricoltura su questo particolare argomento.
In Italia, ogni anno, specie nel settore dell’agricoltura, non vengono spesi Fondi europei destinati al sostegno dello sviluppo di questo settore; già questo elemento dovrebbe fare riflettere sull’effettiva esigenza di consulenti sempre più preparati e coinvolti nelle scelte decisionali delle imprese.
La strada intrapresa da AGEA sembra invece voler escludere soggetti che, per studi effettuati e per l’attività professionale svolta nel tempo, hanno maturato competenze che non dovrebbero essere disperse ma, eventualmente, valorizzate.