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Continua la lotta di agronomi, agrotecnici e periti agrari, che da anni operano per garantire la tempestiva e complessa gestione delle pratiche amministrative a supporto delle imprese agricole, nei confronti di AGEA, in quanto l’attuale formulazione della convenzione prevede che dal 2021 che gli operatori CAA siano esclusivamente lavoratori dipendenti.
I toni si accendono e interviene anche la politica. Con due distinte interrogazioni presentate alla Camera ed al Senato, è stato chiesto al Ministro delle Politiche Agricole di illustrare le ragioni per le quali i liberi professionisti debbano vedersi preclusa la possibilità di operare direttamente sul SIAN, in quanto le credenziali di accesso potranno essere utilizzate esclusivamente da lavoratori dipendenti del CAA o delle società con esso convenzionate.
I paragrafi della convenzione oggetto di tali criticità sono, nello specifico, il 3 e il 4, i quali recitano:
Se si escludono i CAA delle principali associazioni di categoria, pressoché la totalità degli altri CAA opera oggi attraverso liberi professionisti, distribuiti su tutto il territorio nazionale e, a volte, in contesti ove le associazioni stesse sono praticamente assenti. Tali CAA ruotano attorno ad uno o più professionisti associati tra loro e possono anche avvalersi di collaboratori dipendenti.
Questi professionisti sono direttamente convenzionati con un CAA nazionale, ma la convenzione consente loro di operare solo in ambito regionale. Pertanto, per tali soggetti, gestire complessi aziendali presenti in diverse regioni comporta anche la necessità di collaborare con altri CAA di professionisti o di associazioni di categoria. Tale limitazione territoriale non si applica ai CAA delle associazioni maggiormente rappresentative le quali, con la stessa convenzione, operano su tutto il territorio nazionale.
La proliferazione dei CAA in cui operano professionisti, slegata dal mondo associativo, ha avuto nel corso degli anni un significativo sviluppo, soprattutto nelle Regioni in cui le attività agricole sono più sviluppate. Le aziende aderenti ai CAA dei professionisti sono in genere aziende di spessore che richiedono un’assistenza qualificata e continuativa.
D'altronde, i professionisti, ancorché iscritti ad un ordine professionale, non possono operare direttamente con AGEA, ma devono operare tramite un CAA. Cosa che, ad esempio, non avviene per un commercialista che, su incarico del proprio cliente, effettua delle pratiche all’Agenzia delle Entrate.
Nei giorni scorsi, il direttore di AGEA ha dichiarato alla stampa specializzata di non aver nulla di personale nei confronti dei liberi professionisti e di essere convinto che agronomi, agrotecnici e periti agrari, iscritti agli albi professionali e soggetti all’obbligo della formazione continua, potranno dare un valido contributo e sostegno agli agricoltori, ma non per le pratiche amministrative pubbliche delegate ad AGEA.
Ciò però che è stato indicato nell’Interrogazione al Senato del 18/11/2020 fa trasparire ombre sul pensiero di AGEA in ordine all’operato dei professionisti. Nell’Interpellanza si legge infatti che “[…] la scelta sarebbe motivata dalla necessità di prevedere un vincolo gerarchico che leghi e subordini al CAA gli operatori per definire "in modo più puntuale carichi di lavoro" e garantire una "minore probabilità di commissione di determinati reati tra i quali quelli contro la pubblica amministrazione", da un lato, e prevenire "eliminandole in radice, delle fattispecie di potenziale conflitto di interesse tra l'attività dei professionisti e le funzioni amministrative delegate al CAA", pur permettendo agli stessi CAA di delegare parte della loro operatività attraverso società altre con convenzione[…]”.
Pertanto, restando alle dichiarazioni fatte dal direttore di AGEA, tali professionisti (circa 3.800) dovrebbero organizzarsi per dare attività di consulenza e assistenza agli agricoltori, in pratica riorganizzare la propria attività. Forse, però, il direttore di AGEA non comprende che questi professionisti si sono strutturati, hanno fatto investimenti ed hanno creato il loro modello imprenditoriale per far fronte ad un’esigenza del mercato. I loro attuali clienti dove presenteranno le pratiche per il prossimo anno, a cominciare dalla domanda unica dalla cui tempestiva presentazione deriva l’accesso delle provvidenze UE per il settore agricolo?
Ma se gli attuali professionisti che seguono anche gli aspetti amministrativi, dovessero dedicarsi ad altro (sempre secondo la visione del direttore di AGEA), si potrà far fronte alla presentazione di tutte le pratiche da loro gestite? E in che modo, dato che in alcune Regioni le pratiche gestite dai professionisti rappresentano quasi un terzo del totale?
Va anche segnalato che numerosi CAA territoriali appartenenti o riconducibili ad associazioni di categoria ed alle loro società di servizi sono gestiti da funzionari ed operatori liberi professionisti. Ciò rappresenta quindi un’altra casistica da conformare alla nuova convenzione.
Il percorso voluto da AGEA non farà desistere i liberi professionisti ed i loro CAA dal riorganizzare la propria struttura organizzativa, adeguandosi, se occorrerà, alle condizioni imposte dall’attuale convenzione.
Il timore degli addetti ai lavori è che il maggior onere di questa rivoluzione sarà pagato in prima battuta dai professionisti, ma alla fine il peso ricadrà sulle imprese agricole che vedranno un appiattimento dell’offerta di servizi.
La misura potrebbe anche rafforzare gli stessi CAA indipendenti a cui aderiscono i liberi professionisti, i quali potrebbero essere così stimolati ad una maggior aggregazione che potrà consentire l’offerta di servizi sempre più qualificati e dinamici, divenendo così la vera alternativa al mondo delle associazioni di categoria per le attività di supporto alle imprese agricole.