Articoli
Tutti gli aggiornamenti, gli approfondimenti e i casi pratici analizzati e realizzati dai nostri esperti in materia agricola, fiscale, economica e del lavoro.
In un periodo storico caratterizzato da un contesto socioeconomico particolarmente complicato, AGEA introduce una condizione particolarmente gravosa nel rinnovo della convenzione ai CAA, ovvero l’obbligo di operare esclusivamente tramite personale dipendente.
Abbiamo chiesto al Dott. Stefano Bruni, amministratore unico di C.A.N.A.P.A. Srl, alcune considerazioni su questa vicenda che sta generando grande attenzione sia in Parlamento che nelle Regioni oltre che, ovviamente, tra gli addetti ai lavori strettamente interessati.
I professionisti, già molto provati dall’attuale emergenza, si trovano spiazzati di fronte ad una presa di posizione da parte di AGEA che appare quanto meno controversa ed anche contraddittoria rispetto alle stesse misure che il Governo ha annunciato in questi giorni in favore dei professionisti.
Nella sua esposizione, Bruni fa notare che solo per quanto riguarda il CAA dallo stesso rappresentato vi sono oltre 400 professionisti coinvolti oltre ad almeno 100 studi professionali. Occorre poi aggiungere circa 2.500 professionisti che aderiscono ad altri CAA, compresi quelli delle associazioni di categoria. Attorno a questo nucleo di operatori vi è poi un indotto composto da soggetti che vengono impiegati per far fronte ai picchi di lavoro e da consulenti aziendali (commercialisti e consulenti del lavoro) che offrono servizi che integrano quelli che i CAA sono chiamati a fornire, al fine di assolvere ai bisogni dei loro clienti.
Insomma, in questi anni i CAA si sono organizzati per colmare una necessità manifestata dal mercato che non richiede solo personale amministrativo ma, sempre più, figure competenti in grado di supportare e dare consulenza alle imprese.
Oggi, questi CAA gestiti da professionisti forniscono i loro servizi su tutto il territorio nazionale a migliaia di imprese agricole, ma dal prossimo marzo i professionisti non potranno più farlo.
“Non condividiamo l’impostazione data da AGEA. Siamo d’accordo che il sistema debba essere rivisto, ci sono delle evidenti problematiche, ma quando si decide di apportare delle modifiche è bene coinvolgere tutte le parti in quanto ognuna di esse può fornire un contributo positivo. I professionisti, in virtù del fatto che svolgono la loro attività a seguito di studi specifici, del superamento di esami di abilitazione, dell’iscrizione a degli ordini professionali, hanno delle competenze che non sono solo quelle enucleate dalle singole leggi professionali, ma che si sono fatti sul campo. Hanno quindi la capacità, più di altri, di proporre suggerimenti e soluzioni concrete alle criticità dell’attuale sistema gestito da AGEA”.
L’operazione imposta da AGEA rappresenta un precedente che va a minare non solo le attività dei professionisti del settore agrario ma anche gli altri professionisti (commercialisti, consulenti del lavoro, ecc.) che ruotano attorno ai CAA, integrando il loro pacchetto di servizi rivolto alle imprese agricole loro clienti.
“Secondo AGEA la soluzione di tutti i problemi sarebbe semplicemente nell’adozione di un contratto di lavoro subordinato, non curandosi, tra l’altro, del fatto che la stessa nostra Costituzione consente ad ogni individuo di realizzarsi secondo le proprie inclinazioni e competenze e che, in questo caso, tale diritto viene calpestato perché a chi ha scelto di fare il libero professionista viene impedito di farlo: ci aspettiamo in proposito un intervento del Presidente della Repubblica in qualità di garante della Costituzione”.
Questa impostazione è in contrasto, inoltre, con due norme del nostro ordinamento, in particolare, contravviene a quanto stabilito al terzo comma, dell’articolo 6, del D.Lgs. n. 74/2018, secondo cui “I CAA sono istituiti, per l'esercizio di attività di assistenza alle imprese agricole, nella forma di società di capitali, dalle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative o da loro associazioni, da associazioni dei produttori e dei lavoratori, da associazioni di liberi professionisti e dagli enti di patronato e di assistenza professionale che svolgono servizi analoghi, promossi dalle organizzazioni sindacali”.
È evidente che, se si consente l’operatività solo al personale dipendente, i liberi professionisti e le loro associazioni vengono di fatto esclusi dalla possibilità di operare nei CAA. E questo non è quello che dice la legge.
Il D.M. del 27 marzo 2008, con cui è stata prevista la riforma dei Centri di Assistenza Agricola (CAA), all’articolo 7 dispone inoltre che “per l'esercizio delle proprie attività il CAA e le società di cui esso si avvale devono operare attraverso dipendenti o collaboratori con comprovata esperienza ed affidabilità […]”.
AGEA, anche in questo caso, ritiene che, senza nemmeno un aggiornamento normativo, si possano escludere tutti i soggetti diversi dai lavoratori dipendenti.
Il Parlamento, ma anche le Regioni, non la pensano proprio così ed infatti continuano a susseguirsi interrogazioni parlamentari, proposte di emendamento e mozioni.
AGEA sostiene inoltre di aver avuto conferma dall’Antistrust che la clausola contrattuale ora introdotta non è in contrasto con le norme della legittima concorrenza, pertanto ritiene che la stessa sia legittima. Tuttavia, non è competenza dell’Antitrust stabilire se una norma sia legittima, a tale autorità compete solo giudicare se la norma contravviene alla leale concorrenza ed al mercato. Oltretutto va detto che l’Antitrust non ha risposto puntualmente alle osservazioni inviate formalmente dai professionisti sul tema oggetto del parere, ma ha solo indicato che “i fatti denunciati e le loro possibili implicazioni sono stati valutati nel parere trasmesso ad AGEA”.
L’Amministratore unico di C.A.N.A.P.A. Srl auspica che il Presidente del Consiglio, che è tra l’altro un professionista e che è stato interessato dai CAA della questione, possa intervenire sulla vicenda.
“Il Governo oggi invia ai professionisti messaggi in contrasto tra loro: da un lato promette sostegno per la fase di difficoltà che si sta attraversando, dall’altro gli impedisce di continuare a svolgere la propria attività nei CAA” dice Bruni.
“In un primo tempo AGEA ha lamentato una gestione dei CAA “troppo imprecisa” da parte dei professionisti. Secondo AGEA vi erano tanti operatori liberi professionisti destinatari di provvedimenti di sospensione dall’utilizzo delle proprie utenze, in verità i numeri hanno dimostrato che non era così.
Allora AGEA ha cambiato la propria posizione, sostenendo che siccome l’attività dei CAA rappresenta un’attività pubblica delegata, c’è il tema della responsabilità amministrativa che, secondo AGEA, un contratto con un professionista non può garantire, a differenza di quanto avviene nel caso di un collaboratore dipendente.
Abbiamo quindi spiegato ad AGEA che, lo stesso D.Lgs. n. 231/2001 che si occupa della Disciplina della responsabilità amministrativa, si applica ai dipendenti, ai professionisti e alle associazioni di professionisti.
Quindi AGEA, anche su questa motivazione, è ritornata sui suoi passi.
L’ultima giustificazione addotta da AGEA e riferita in audizione al Senato dallo stesso Ministro dell’Agricoltura è stata che la nuova impostazione prevista dalla Convenzione 2020 - 2021 è stata richiesta dall’Europa. Allora è stato chiesto quale fosse questa norma europea che impone che solo degli operatori dipendenti possano essere abilitati ad operare con le procedure messe a disposizione dagli organismi nazionali, ma su questo non abbiamo avuto risposta”.
Non avendo avuto risposta né da AGEA e neppure dal Ministro Bellanova, Bruni ha scritto direttamente al Commissario europeo per l'Agricoltura e lo Sviluppo Rurale Janusz Wojciechowski, rappresentando la situazione che si è venuta a creare in Italia, chiedendo quale fosse la disposizione europea che impone l’esclusione dei professionisti dai Centri di Assistenza Agricola.
“I Presidenti degli ordini professionali degli agronomi, dei periti agrari e degli agrotecnici hanno formalizzato e proposto congiuntamente una soluzione che AGEA non ha probabilmente nemmeno esaminato, dato che è stata inviata lo scorso maggio, ma non è mai stata oggetto di confronto tra i proponenti ed AGEA stessa".
“Come premesso, non vi è dubbio che il sistema debba essere rivisto e migliorato, non solo in relazione al funzionamento del sistema SIAN, ma anche con riferimento alla gestione di tutta la filiera che riguarda le attività dei CAA. Che tutto funzioni a dovere è una priorità soprattutto per noi che abbiamo il contatto diretto con gli agricoltori e con le loro aziende.
Siamo sicuri, come ho già detto, che la soluzione a tutti i problemi è nell’imporre ai CAA di lavorare solo con operatori con contratti da dipendenti? Ci sono alcuni CAA (come il nostro per esempio) che si sostengono e offrono i propri servizi ai produttori con il solo contributo economico che AGEA riconosce al CAA per l’attività svolta (parliamo di pochi euro per ogni pratica gestita). Capita, però, anche che si debbano ancora riscuotere delle competenze relative a dei servizi resi duo o tre anni prima. Ma questo problema non credo si risolva assumendo i propri collaboratori. Anzi, questo diviene un problema aggiuntivo perché gli stipendi si devono corrispondere mensilmente e non due o tre anni dopo.
Ovviamente, ci sono altri CAA che si sostengono facendo anche altre attività (accade soprattutto nei CAA delle associazioni di categoria) di tipo sindacale che consentono maggiore costanza nelle entrate".
“Non pensiamo assolutamente di abbandonare le oltre 20.000 aziende che oggi si sono affidate a noi, specie nell’attuale contesto socioeconomico, tant’è che abbiamo già firmato la convenzione, seppure con riserva, al fine di mantenere la piena operatività.
Siamo comunque pronti a riorganizzare le nostre strutture ed adeguarci alle prescrizioni dell’attuale convenzione, anche se non le condividiamo.
Tuttavia, se AGEA pensa di risolvere gli attuali principali problemi del sistema sostituendo dei professionisti con dei dipendenti, sicuramente non raggiungerà il proprio intento. Anzi, penso potrebbe anche esserci un peggioramento rispetto alla situazione attuale a causa della maggiore burocratizzazione del sistema”.
“Sicuramente per il momento le Regioni che non hanno un proprio organismo pagatore, ma operano direttamente con AGEA, sono quelle sulle quali si rifletteranno nell’immediato gli effetti della nuova convenzione. Si tratta principalmente degli uffici operanti nel Centro e Sud Italia.
Vi sono poi le convezioni con gli organismi pagatori regionali già in essere che proseguono, fino a scadenza, sulla base degli accordi già presi; le stesse convenzioni in essere non sono al momento oggetto di modifica, ma poi credo il sistema si dovrà uniformare.
E comunque, ciò non toglie che i CAA operativi su tutto il territorio nazionale risentano dell’impatto delle nuove disposizioni sulle sedi operanti nelle Regioni in cui vi è la convenzione diretta con AGEA”.
Il dott. Stefano Bruni, pur sollecitando un ripensamento di AGEA, conclude rappresentando come anche i professionisti ed i loro CAA siano disponibili a ragionare sulle modifiche ed i cambiamenti necessari per migliorare l’attuale sistema, ma ciò richiede che AGEA si apra ad un confronto con tutti gli attori del sistema.
AGEA può ancora intervenire, revocando in “autotutela” il provvedimento emanato dall’Amministrazione, con il quale è stata approvata l’attuale convenzione, e prevedere un nuovo testo convenzionale più “concertato”. Potrebbe però anche accadere di dover rivedere l’attuale convenzione, qualora i ricorsi promossi dai CAA e dagli ordini professionali andassero a buon fine.