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Era il 2008 quando, dopo il collasso della Lehman Brothers Holdings Inc, una delle società operanti nei servizi finanziari tra le più autorevoli (fino ad allora) a livello internazionale, il sistema finanziario islandese si è dissolto come neve al sole, mandando letteralmente in fumo decine di miliardi di euro.
Anche molti piccoli risparmiatori italiani hanno visto svanire gli investimenti effettuati nelle obbligazioni immesse sul mercato dai tre principali istituti di credito islandesi: Glitnir, Landsbanki e Kaupthing Bank.
Le tre banche islandesi, in seguito, sono state sottoposte ad amministrazione controllata e sono state avviate le procedure di messa in liquidazione, ancorché le ingenti risorse finanziarie da reperire non avrebbero potuto soddisfare i creditori.
Semplificando la complessa vicenda, il processo di risanamento del sistema finanziario islandese ha visto l’avvio delle azioni degli investitori/risparmiatori e, data la portata della crisi, l’intervento delle autorità islandesi per la ricapitalizzazione delle società bancarie e del Fondo Monetario Internazionale per limitare il deficit degli istituti di credito.
Molti risparmiatori italiani, circa un decennio fa, si sono visti recapitare delle informative dalla propria banca o degli inviti a presentarsi presso l’istituto per delle importanti comunicazioni. In tali occasioni furono informati che i loro risparmi erano stati “congelati” e che, vista la gravità della situazione finanziaria islandese, la probabilità di recuperare i propri crediti era assai remota, o comunque avrebbe richiesto molto tempo.
A distanza di tanti anni le stesse banche italiane, che avevano accompagnato i risparmiatori loro clienti in questa avventura finanziaria, pare che non sempre abbiano seguito la vicenda fino in fondo, cosicché per molti risparmiatori che avevano ormai abbandonato ogni speranza l’investimento era praticamente archiviato con una perdita netta dell’intero investimento.
Le banche islandesi, attraverso la messa in liquidazione del loro patrimonio e all’intervento delle stesse autorità islandesi nel capitale, possono, in taluni casi, rimborsare le obbligazioni sottoscritte. A seguito di procedure di reclamo (claim), presentate a suo tempo dai soggetti depositari dei titoli, i creditori possono ancora sperare di riavere i propri risparmi: ma devono attivarsi facendo attenzione alle insidie di imprese operanti nel mondo della finanza che intendono speculare sulla vicenda.
Ricordiamo che, sulla Gazzetta Ufficiale europea, sono stati pubblicati nel 2009 gli inviti a presentare i reclami dalle parti con cui rivendicare i propri crediti verso la banca Glitnir e le altre banche (Kaupthing Bank hf).
Per chi volesse approfondire la vicenda, dopo aver reperito la documentazione relativa ai propri investimenti (anche consultando la propria banca), è possibile consultare i siti degli istituti di credito islandesi. Ad esempio, come si legge sul sito della Glitnir Bank, con “l'entrata in vigore della Legge n. 44/2009, che modifica la Legge n. 161/2002, sugli impegni finanziari, come successivamente modificato, consente di avviare la procedura di reclamo nei confronti di Glitnir banki hf ("Glitnir"). Nel maggio 2009 il Consiglio di liquidazione ha emesso un avviso in cui invitava i creditori di Glitnir a presentare i propri crediti. L’avviso è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale islandese il 26 maggio 2009…”.
Come detto, i reclami effettuati dai gestori dei titoli possono consentire ai risparmiatori di richiedere direttamente agli istituti islandesi la “liquidazione del proprio credito”.
La richiesta è solitamente attivabile con l’invio di un semplice mail all’istituto di credito islandese (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., Kaupthing Bank, ecc.), il quale richiederà l’invio di una dichiarazione in cui il creditore deve sottostare all’impegno di trasferire i propri titoli a seguito della liquidazione di un importo pattuito tra le parti.
È singolare come a distanza di circa dieci anni sia ancora possibile recuperare i propri crediti (ma è bene non indugiare), ma ancora più singolare è che molte banche italiane non abbiano dato comunicazione ai risparmiatori (ad oggi sono infatti numerosi coloro che non hanno ancora fatto richiesta del loro avere) i quali, ignari di questa possibilità, potrebbero non richiedere i propri soldi.