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L’esigenza del mercato di disporre costantemente di prodotti con qualità e caratteristiche standard, negli anni ha prodotto la nascita di accordi di filiera promossi anche dal legislatore comunitario. La stessa Politica agricola comunitaria ha più volte incentivato gli accordi di filiera, concedendo anche aiuti specifici.
Tali contratti sono particolarmente diffusi nel settore della coltivazione, includendo diversificati ambiti produttivi (ortaggi, frutta, cereali, leguminose, ecc.). Questi accordi sono stati regolati dapprima dall’art. 8 della Legge n. 88/1988. Tale disposizione disciplinava gli accordi interprofessionali al fine di favorire lo sviluppo della produzione agricola e l'organizzazione del mercato agricolo, con la finalità di migliorare la programmazione agro-alimentare nazionale.
Uno degli elementi che caratterizza questo tipo di contratto è il fatto che lo stesso può regolare anche le modalità di produzione e vi può, quindi, essere una certa ingerenza nell’attività del produttore agricolo, il quale potrebbe dover impostare la propria attività di coltivazione-non in base alle proprie scelte ed esigenze agronomiche ma-in funzione del fabbisogno del soggetto che si impegna ad acquistare il prodotto di disporne nell’arco dell’intero anno (o dell’intero periodo produttivo) e con determinate caratteristiche qualitative. Questa possibile attività di “vigilanza” o di “consulenza agronomica” del committente non determina una conduzione associata tra le parti, le quali restano sempre ben distinte.
In questo tipo di contratto-a differenza del contratto di coltivazione per conto terzi, ove il prodotto vegetale è di proprietà del committente, rimanendo tale per tutto il periodo contrattuale-vi è l’impegno del produttore di conferire tutto il prodotto all’acquirente/committente e quest’ultimo diventa proprietario dei prodotti solo a seguito dell’effettuazione del raccolto.
La norma del 1988 è stata abrogata e sostituita dal D.Lgs. 102/2005, che si occupa delle disposizioni sulla regolazione dei mercati agroalimentari.
L’articolo 9 del D.Lgs. 102/2005 definisce le linee generali dell’intesa di filiera, la quale deve trovare il giusto equilibrio tra l’integrazione delle parti, la valorizzazione delle produzioni e gli interessi del consumatore.
L'intesa può definire:
I modelli contrattuali definiti nell’intesa, devono rispondere alle disposizioni introdotte per il contrasto alle pratiche commerciali sleali in ambito agroalimentare disciplinate dal D.Lgs. n. 198/2021. Fanno eccezione, in quanto non rientrano nell’ambito applicativo del Decreto n. 198/2021, i contratti di coltivazione stipulati con cooperative alle quali l’imprenditore agricolo aderisce oppure con organizzazione di produttori di cui lo stesso è anche socio.
Pertanto, qualora non sia applicabile al rapporto commerciale un contratto quadro stipulato dalle organizzazioni professionali maggiormente rappresentative a livello nazionale, il prezzo e le altre condizioni contrattuali sono liberamente stabilite dalle parti, fermo restando che esse non devono essere peggiorative rispetto a quelle previste dal D.Lgs. n. 198/2021.
Il D.Lgs. n. 198/2021 impone che, nel caso di cessione di prodotti deperibili, i termini di pagamento non possano superare i 30 giorni. Tale termine decorre dal giorno della consegna o dal giorno in cui il prezzo è determinato o determinabile secondo le pattuizioni contrattuali.
Gran parte dei prodotti oggetto di questo tipo di accordi è soggetto alla verifica di qualità alla consegna, pertanto anche se il prezzo è spesso prestabilito, fino a quando non sono ultimate le operazioni di verifica sulla quantità e qualità del prodotto ritirato, i suddetti termini non decorrono.
Il contratto di coltivazione è ricompreso in un accordo di filiera che ha la finalità di regolare il mercato, quindi potrebbe avere una durata pluriennale, in tal caso sarebbe pienamente conforme alla disciplina delle pratiche sleali. Qualora, invece, avesse durata inferiore all’anno, dato che l’art. 3, comma 4, del Decreto stabilisce che la durata dei contratti di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari non possa essere inferiore a 12 mesi, occorrerà indicare nell’accordo sottoscritto tra le parti le motivazioni che hanno indotto a tale scelta (ad esempio perché l’accordo riguarda una coltura stagionale).
Il contratto di coltivazione prevede l’impegno del produttore di coltivare una determinata coltura, seguendo uno specifico disciplinare, e l’obbligo di vendita del prodotto al committente.
Dal punto di vista fiscale la cessione dei prodotti segue le consuete regole della disciplina IVA. Nel caso di conferimenti effettuati da un produttore agricolo in regime speciale, qualora anche la cooperativa applichi il medesimo regime, nella fattura si applicheranno direttamente le percentuali di compensazione. Negli altri casi, invece, nella fattura sarà esposta l’IVA applicando le aliquote IVA proprie dei prodotti ceduti.
Ai fini delle imposte sui redditi, l’accordo prevede che sia il produttore agricolo ad occuparsi della cura e dello sviluppo del ciclo biologico utilizzando le proprie risorse, pertanto, la tassazione potrà essere ricompresa nel reddito agrario, salvo l’ipotesi in cui sia prevista la coltivazione su oltre due piani. In tale ultimo caso, sull’attività che eccede i limiti dell’articolo 32, co.2, lett. b), si produce un reddito d’impresa determinabile ai sensi dell’articolo 56-bis, comma 1 del TUIR.