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La Corte Costituzionale, con Sentenza depositata il 15 giugno scorso, ha dichiarato incostituzionale la previsione della inalienabilità dei terreni di proprietà privata su cui gravano usi civici.
Come sappiamo, gli usi civici rappresentano un diritto di godimento spettante a una determinata comunità, gravante solitamente su fondi rustici (pubblici o privati) e che si concretizza nel diritto di coltivazione, di caccia, di pascolo o di legnatico. Ciò che caratterizza l’uso civico è che non rappresenta un diritto individuale di un privato, bensì di una determinata collettività di persone, pur gravando su un terreno di un privato.
Nel 2017 è entrata in vigore una norma in materia di domini collettivi che escludeva la possibilità, per un privato, di alienare un terreno se sullo stesso gravavano usi civici.
La Corte Costituzionale, con la Sentenza n. 119/2023 depositata il 15 giugno 2023, si è espressa sulla legittimità di tale norma che, secondo il Tribunale di Viterbo, risulta essere incostituzionale.
Nell’ambito di procedure esecutive immobiliari, erano stati posti in vendita, sul presupposto della loro alienabilità, beni di proprietà di soggetti privati gravati da usi civici non ancora liquidati:
Nelle more delle procedure esecutive, è entrata in vigore la Legge n. 168 del 2017, che ha incluso tra i “beni collettivi”, come definiti dall’art. 3, comma 1[1], anche le terre di proprietà di soggetti privati, sulle quali i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici non ancora liquidati - comma 1, lett. d).
Su tali beni, il successivo comma 3 ha stabilito che il regime giuridico resta quello dell’inalienabilità, dell’indivisibilità, dell’inusucapabilità e della perpetua destinazione agro-silvo-pastorale.
In altre parole, i beni collettivi gravati da uso civico, dall’entrata in vigore della suddetta norma, se posseduti da privati non possono più essere oggetto di alienazione.
Sul punto, il Tribunale ordinario di Viterbo, Sezione Civile, in funzione di giudice dell’esecuzione immobiliare, sollevava questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, della Legge 20 novembre 2017, n. 168 in riferimento agli artt. 3, 24 e 42 della Costituzione.
La Corte Costituzionale, con la Sentenza n. 119/2023, ha dichiarato la previsione della Legge 168/2017 illegittima e incostituzionale sulla base delle motivazioni di seguito riportate.
La Corte precisa che, in caso di alienazione delle terre di proprietà privata, i diritti di uso civico seguono il bene e i componenti della collettività continuano a poter esercitare tutte le facoltà che gli usi civici conferiscono loro.
Oltre a ciò, il diritto di proprietà circola preservando sul terreno il vincolo paesaggistico, che impedisce al proprietario di apportare modificazioni pregiudizievoli per gli usi civici. Di conseguenza, “chiunque acquisti il fondo non può compiere alcun atto che possa compromettere il pieno godimento promiscuo”, nonché il valore paesistico-ambientale correlato alla conservazione degli usi civici.
La Corte ha, pertanto, affermato che l'inalienabilità non ha alcuna ragionevole connessione con lo scopo di assicurare la funzione sociale della proprietà privata.
Pertanto, la norma censurata determina una “irragionevole conformazione e, di riflesso, una illegittima compressione della proprietà privata”.
Stando a quanto riportato dai Giudici di legittimità, la circolazione del diritto di proprietà non inficia in alcun modo i diritti di uso civico che rimangono tutelati ed esercitabili grazie ai tratti propri della realità (l’inerenza, il diritto di seguito, l’immediatezza, l’autosufficienza, l’assolutezza e l’opponibilità verso chiunque).
[1] Comma 1 - Sono beni collettivi:
a) le terre di originaria proprietà collettiva della generalità degli abitanti del territorio di un comune o di una frazione, imputate o possedute da comuni, frazioni od associazioni agrarie comunque denominate;
b) le terre, con le costruzioni di pertinenza, assegnate in proprietà collettiva agli abitanti di un comune o di una frazione, a seguito della liquidazione dei diritti di uso civico e di qualsiasi altro diritto di promiscuo godimento esercitato su terre di soggetti pubblici e privati;
c) le terre derivanti: da scioglimento delle promiscuità di cui all'articolo 8 della Legge 16 giugno 1927, n. 1766; da conciliazioni nelle materie regolate dalla predetta Legge n. 1766 del 1927; dallo scioglimento di associazioni agrarie; dall'acquisto di terre ai sensi dell'articolo 22 della medesima Legge n. 1766 del 1927 e dell'articolo 9 della Legge 3 dicembre 1971, n. 1102; da operazioni e provvedimenti di liquidazione o da estinzione di usi civici; da permuta o da donazione;
d) le terre di proprietà di soggetti pubblici o privati, sulle quali i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici non ancora liquidati;
e) le terre collettive comunque denominate, appartenenti a famiglie discendenti dagli antichi originari del luogo, nonché' le terre collettive disciplinate dagli articoli 34 della Legge 25 luglio 1952, n. 991, 10 e 11 della Legge 3 dicembre 1971, n. 1102, e 3 della Legge 31 gennaio 1994, n. 97;
f) i corpi idrici sui quali i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici.