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Al fine di contemperare gli effetti dell’inflazione sui canoni delle locazioni immobiliari, è possibile allineare l’importo dell’affitto al costo della vita, utilizzando la clausola che aggiorna il canone alle variazioni dell’indice ISTAT (ossia, incrementare il canone di locazione tenendo conto delle variazioni del potere d’acquisto della moneta verificatesi nel corso della durata della locazione).
L’adeguamento deve essere calcolato considerando una percentuale (generalmente il 75% o il 100%) della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) rispetto al periodo di riferimento. Ad esempio, ipotizzando un canone di 400 euro a cui è applicata una percentuale di rivalutazione del 75%, occorre calcolare il 75% di 5,2 (che è la variazione percentuale dell’indice FOI di agosto 2023 rispetto ad agosto 2022), che è pari a 3,9%, e poi applicare la percentuale ottenuta al canone. In questa ipotesi l’importo della rivalutazione è pari a 15,60 euro e, pertanto, il canone aggiornato ammonta a 615,60 euro.
Tale meccanismo di rivalutazione, tuttavia, varia in base alla tipologia di locazione. Ad esempio, relativamente alle locazioni a uso diverso dall’abitativo, l’art. 32, comma 1, Legge n. 392/1978, stabilisce che le parti possono convenire che il canone di locazione sia aggiornato annualmente su richiesta del locatore per eventuali variazioni del potere di acquisto della lira. Tali variazioni non possono essere superiori al 75% di quelle, accertate dall’ISTAT, dell’indice FOI con riferimento ai contratti di durata non superiore ai sei anni (art. 27, comma 2, Legge n. 392/1978).
L’aggiornamento del canone è dunque consentito solo se contrattualmente previsto (anche in forza di un patto successivo al contratto) e se richiesto dal locatore. Pertanto, è da ritenersi nulla la clausola con la quale le parti convengono l’aggiornamento automatico del canone su base annuale, senza la necessità di una espressa richiesta del locatore.
Occorre poi considerare che per le variazioni in aumento dei contratti fino a sei anni (nove anni per le locazioni alberghiere), la percentuale di rivalutazione non può superare il limite del 75% dell’indice (tale previsione non opera per i contratti aventi durata superiore).
Invece, in relazione alle locazioni a uso abitativo a canone libero, a seguito dell’abrogazione dell’art. 24, Legge n. 392/1978 (il quale prevedeva che la variazione del canone nelle locazioni abitative non dovesse essere necessariamente pattuita, ma richiedeva, comunque, la richiesta del locatore), la materia in esame non è più disciplinata da alcuna specifica disposizione normativa.
Secondo parte della dottrina, pertanto, per le locazioni a canone libero di cui all’art. 2, comma 1, Legge n. 431/1998, ne discende che le modalità di aggiornamento del canone risultano completamente rimesse all’autonomia dei contraenti, tenuti a inserire nel contratto di locazione un’apposita pattuizione in tal senso.
Nelle locazioni abitative può essere dunque ritenuta valida la pattuizione con cui le parti prevedono una percentuale di indicizzazione superiore al 75%, quindi anche del 100%, della variazione accertata dall’indice ISTAT. Le parti contraenti, inoltre, parrebbero potersi riferire a indici diversi dal FOI (le medesime considerazioni, peraltro, dovrebbero valere, in assenza di limiti normativi, anche per le locazioni a studenti e per i contratti transitori).
Relativamente alle locazioni a canone concordato di cui all’art. 2, comma 3, Legge n. 431/1998, invece, permane il limite dell’aggiornamento non superiore al 75%, di cui all’art. 1, comma 9, D.M. 16 gennaio 2017.
Infine, in caso di esercizio dell’opzione per la cedolare secca, l’aggiornamento del canone di locazione non può essere richiesto, neppure se previsto nel contratto.
Con riferimento alla possibilità per il locatore di ottenere gli arretrati dell’aggiornamento, ossia le somme relative alle annualità anteriori in cui l’adeguamento, ancorché previsto nel contratto, non è stato espressamente richiesto, la giurisprudenza maggioritaria ritiene, considerato che la richiesta del locatore costituisce la condizione per il sorgere del relativo diritto, che il locatore può pretendere il canone aggiornato solo dal momento in cui lo richiede, senza che sia configurabile un suo diritto ad ottenere il pagamento degli arretrati, sia in caso di locazione di immobili ad uso non abitativo, sia in caso di locazioni ad uso abitativo.