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Con la sentenza n. 21794/2014, la sezione V della Cassazione Civile ha ricordato come la disciplina antielusiva dell’interposizione (art. 37, c. 3 del D.P.R. 600/1973) non presuppone necessariamente che vi sia un comportamento fraudolento tenuto dal contribuente, in quanto è sufficiente che vi sia un uso improprio e ingiustificato di uno strumento legittimo, utilizzato al fine di eludere l’applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto di imposta.
Nella fattispecie oggetto della pronuncia, il contribuente aveva donato il terreno alla moglie e alle figlie, che, poco dopo, avevano provveduto a rivenderlo. Per la Cassazione, a nulla rileva che il contribuente avesse corrisposto le imposte sulla donazione, nemmeno che il ricavato della vendita fosse rimasto nelle disponibilità delle familiari.
Inoltre, l’elusività dell’operazione è data anche dal fatto che le due operazioni (la donazione e la successiva vendita) fossero temporalmente molto ravvicinate e che l’acconto del prezzo di vendita fosse stato incassato dal contribuente donante.
Con questa sentenza, la Cassazione ha rivoluzionato quanto disposto in precedenza dalla CTP e dalla CTR, che accoglievano il ricorso del contribuente avverso l’avviso di accertamento, ritenendo che la donazione fosse del tutto legittima, non potendo considerare elusiva l’operazione, solamente perché il contribuente aveva ottenuto un risparmio di imposta. Contrariamente, secondo la Cassazione, la donazione e la successiva vendita, risulta perfettamente inquadrabile all’interno dell’elusione fiscale.
Si ricorda, che l’elusione fiscale si colloca nel più ampio campo dello schema di abuso del diritto, un concetto che è stato introdotto dalla giurisprudenza della Cassazione e che, in realtà, non trova fondamento nella legislazione specifica, ma che permette all’Agenzia di recuperare maggiori imposte sulle operazioni che, pur non violando disposizioni legislative, consentono un indebito risparmio di imposta, potendo, pertanto, essere considerate illegittime.
Nel nostro ordinamento vi è una normativa antielusiva, contenuta nell’art. 37-bis, D.P.R. 600/73, la quale prevede l’inopponibilità all’Amministrazione Finanziaria gli atti, fatti e negozi, anche collegati tra loro, che siano contemporaneamente privi di valide ragioni economiche, che sono diretti ad aggirare norme tributarie e volti ad ottenere una riduzione del carico fiscale altrimenti indebito.
Nel momento in cui si verificano queste condizioni, l’Agenzia può disconoscere l’effetto fiscale derivante da tali operazioni, procedendo poi con il recupero delle maggiori imposte dovute sulla base dell’operazione riqualificata senza l’intento elusivo. Infine, il quadro diviene completo prendendo in considerazione le disposizioni di cui all’art. 37, c. 3, D.P.R. 600/732, secondo il quale sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti, nel momento in cui viene di dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona.