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Tassazione sulle rinnovabili agricole al vaglio della Consulta

La Commissione tributaria provinciale di Agrigento, sezione I, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale sul regime agevolato riservato alla produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali, effettuate dagli imprenditori agricoli, poiché l’assenza di un limite qualitativo e quantitativo oltre al quale tale attività viene considerata come attività industriale (soggetta a reddito di impresa oggetto di tassazione ordinaria) genererebbe una violazione dei principi di solidarietà, uguaglianza, ragionevolezza e capacità contributiva.

Si ricorda che dopo le modifiche introdotte dal D.L. 66/2014 tali attività sono sempre inquadrabili fra le attività agricole connesse, ma il reddito si determinerà applicando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette a registrazione agli effetti dell’Iva il coefficiente di redditività del 25%, escludendo franchigia e tariffa incentivante che rimarranno assoggettate alla disciplina di cui all’art, 32 del TUIR.

Nel caso oggetto di contenzioso che ha generato la questione di legittimità costituzionale, l’Agenzia contestava la natura agricola dell’attività svolta da una società che nell’anno oggetto di accertamento (2011) aveva effettuato ricavi da attività agricola per circa 0,3 millesimi dei corrispettivi incassati dalla cessione di energia elettrica (circa 1.100 Euro, contro circa 3,3 milioni di Euro).

A detta dei giudici, le norme applicabili al caso in esame, accorderebbero il regime fiscale di vantaggio previsto per le imprese agricole anche a soggetti economici che, a fronte di un’attività agricola di modeste dimensioni, ottengono ricavi di gran lunga maggiori dalla produzione di energia da fonti rinnovabili, violando palesemente i principi di solidarietà, uguaglianza, ragionevolezza e capacità contributiva, con esiti evidenti di ingiustizia fiscale.

Secondo i Giudici di merito La soglia quantitativa introdotta dal D.L. 66/2014 ha dimostrato l’assenza, anche per quanto riguarda l’interpretazione, di un criterio per la tassazione dei proventi dell’attività di cessione di energia da fonti rinnovabili, e con essa “l’inadeguatezza della norma e dei vantaggi fiscali derivanti dalla sua precedente formulazione che è quella applicabile nel caso in esame.

Riteniamo che le considerazioni svolte dai Giudici di merito in ordine alla violazione dei principi costituzionali di capacità contributiva siano totalmente fuorvianti e non condivisibili.

Infatti, la ratio che ha spinto il legislatore ad inserire questa tipologia di attività fra le attività agricole connesse muove dagli stessi principi che stanno alla base del regime fiscale di qualsivoglia altra attività agricola per connessione. A tal proposito, ci si chiede quale differenza possa correre fra la vendita del latte prodotto in allevamento e la vendita di energia derivante da un impianto da biomasse alimentato con i propri prodotti agricoli.

Nei fatti, tralasciando qualsiasi considerazione di carattere etico legata all’impiego di alimenti per la produzione di energia, in entrambi i casi si tratta di redditi derivanti dalla produzione agricola, in un caso dagli animali allevati, nel secondo dai terreni coltivati; pertanto, non si comprende come per le energie rinnovabili si possa invocare una sorta di ingiustizia fiscale, quando la connessione con l’esercizio dell’attività agricola è innegabile.

Evidenziamo, quindi, la necessità che la questione di legittimità costituzionale sia totalmente disattesa dalla Consulta; poiché, se così non fosse, verrebbe ingiustamente ed ingiustificatamente messo in discussione il sistema fiscale in agricoltura con conseguenze devastanti per il settore.

 



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