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Impianti fotovoltaici e società di comodo

La normativa delle società di comodo, applicata agli impianti fotovoltaici, rappresenta ancor oggi un tema di grande attualità che riserva ancora alcune problematiche, nonostante l’Agenzia abbia riportato un quadro quasi completo sulle disposizioni degli impianti fotovoltaici, con la circolare 36/E/2013

Per quanto concerne la normativa delle società di comodo, con il menzionato documento di prassi, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il contribuente titolare dell’impianto deve applicare agli stessi un coefficiente del 6% al fine della determinazione della non operatività della società, percentuale generalmente prevista per i beni immobili, a prescindere dal fatto che gli stessi siano inquadrati come beni mobili o immobili.

Questa scelta di unificare la percentuale da applicare, è stata giustificata dall’agenzia dal fatto che gli impianti fotovoltaici producono gli stessi ricavi indipendentemente dalla natura attribuita all’investimento per finalità tributarie. Tale interpretazione può essere considerata come un’ottima soluzione ai dubbi interpretativi che venivano riscontati in passato; tuttavia, tale parametro risulta essere ancora un limite irraggiungibile in alcune occasioni.

Nel medesimo documento, infatti, l’Agenzia riconosce il fatto che il mercato relativo alla produzione e vendita di energia elettrica derivante da fonte fotovoltaica, sia un mercato vincolato, dove gli imprenditori non hanno piena autonomia contrattuale, in quanto la vendita di energia avviene, generalmente, a prezzi prestabiliti.

Nella pratica, ricordiamo che la vendita dell’energia da parte del produttore avviene mediante la vendita indiretta la cui cessione avviene a prezzi prestabiliti mediante una convenzione effettuata con il GSE, ovvero mediante vendita diretta effettuata in borsa o ad un grossista con la stipula di un contratto bilaterale.

È del tutto evidente che nel caso di vendita indiretta, l’imprenditore ha un’autonomia contrattuale del tutto limitata, dove subisce le tariffe prestabilite.

L’Agenzia, sulla base delle considerazioni di cui sopra, ha affermato che in caso di mancato superamento dei test di operatività da parte di un contribuente che opera in regime di vendita indiretta, ai fini dell’accoglimento dell’istanza di disapplicazione, lo stesso può provare che la vendita è avvenuta sulla base di contratti stipulati con il GSE, il quale impone tariffe già stabilite. A sostenimento di tale tesi, è necessario che venga fornita la seguente documentazione:

  • la convenzione sottoscritta con il GSE, mettendo in evidenza la tariffa attribuita all’impianto;
  • l’energia prodotta annualmente dall’impianto in questione (dato che può essere estrapolato dal portale dedicato del GSE);
  • il calcolo di determinazione dei ricavi realizzati dall’impianto.

Nell’eventualità in cui il contribuente operi mediante la vendita diretta, il mancato superamento dei test di operatività, impone al contribuente di dimostrare, di volta in volta, l’esistenza di situazioni oggettive che non hanno permesso il conseguimento dei ricavi necessari al fine del superamento del test.

A tale scopo, può essere ritenuto elemento oggettivo il fatto che l’impianto, per motivi tecnici, non sia stato in grado di produrre l’energia che, in condizioni normali, avrebbe prodotto. Tali situazioni, a titolo esemplificativo, possono essere:

  • la disattivazione per problemi tecnici dell’impianto fotovoltaico;
  • la presenza di fattori esogeni, quali agenti atmosferici, che hanno impedito il pieno funzionamento dell’impianto;
  • il malfunzionamento o la rottura di parte dell’impianto o della rete elettrica a cui viene trasferita l’energia.



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