La Corte di Cassazione (Sezione tributaria) ha stabilito, con la Sent. n. 10355 depositata il 20 maggio 2015, che i fabbricati posseduti dalle cooperative agricole e utilizzati direttamente per lo svolgimento della propria attività vanno considerati rurali e come tali devono essere esclusi dall’Ici, indipendentemente dalla loro iscrizione nel catasto dei fabbricati.
In tale materia, il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità è caratterizzato dai seguenti principi di diritto:
- ai fini dell’Ici l’immobile che sia stato iscritto nel catasto dei fabbricati come rurale, con l’attribuzione della categoria A/6 (se unità abitative) o D/10 (se unità strumentali), in conseguenza della sussistenza dei requisiti previsti dal vigente articolo 9 del D.l. 557/1993, non è soggetto all’imposta (art. 23, comma 1bis,del D.l.207/2008 e art. 2, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 504/1992?
- l’attribuzione all’immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all’imposta per la ritenuta ruralità del fabbricato, restando altrimenti quest’ultimo assoggettato a Ici. Allo stesso modo il Comune dovrà impugnare l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di potere legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta.
Con la richiamata sentenza la Suprema Corte sembra discostarsi dai principi sopra evidenziati, riconoscendo la qualifica della ruralità al fabbricato a prescindere dall’iscrizione in catasto dello stesso.
Oltre a ciò, la Cassazione ha ribadito un altro importante principio, in realtà già ampiamente consolidato, in base al quale, ai fini del riconoscimento della ruralità, non è rilevante la distinzione fra proprietario del fabbricato (società cooperativa) e titolari dei terreni agricoli asserviti (soci della cooperativa).
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