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Dal contratto di livello all’enfiteusi: una questione non ancora chiusa

 

Molti Comuni, alla ricerca di nuove entrate, hanno deciso di rendere validi gli antichi privilegi enfiteutici, chiedendo ai discendenti dei livellari di corrispondere le somme relative all’affrancamento dei canoni, o di ripristinare la corresponsione di essi (ovviamente coi valori attuali). A tal fine, le Amministrazioni comunali interessate hanno posto in essere una verifica dei diritti e delle concessioni livellari in essere tra il Comune e i cittadini coinvolti.

Il contratto di livello, rimasto in uso fino agli inizi dell’Ottocento, costituiva la forma contrattuale mediante la quale un terreno, un bosco o un pascolo venivano concessi in godimento ad un soggetto (livellario) per un certo periodo di tempo e a condizioni prestabilite.

Oggi, la forma contrattuale più rispondente alla caratteristiche dell’arcaico contratto livellare è l’enfiteusi.

L'enfiteuta (ovvero il titolare del diritto reale sul fondo altrui) ha molte delle facoltà riconosciute al proprietario del fondo; specificamente, egli si obbliga a migliorare il fondo concessogli e a pagare al concedente un canone periodico (precisiamo che esso può consistere o in una somma di denaro ovvero in una quantità fissa di prodotti naturali).

L’enfiteusi può essere perpetua o a tempo; nel secondo caso non può essere costituita per una durata inferiore ai vent’anni. La costituzione dell’enfiteusi può avvenire tramite:

  • contratto (in questo caso è necessaria la forma scritta e la sua trascrizione);
  • testamento (con trascrizione dell’atto di acquisto);
  • usucapione.

In mancanza di patti speciali, l’enfiteusi è disciplinata dagli artt. 957 e seguenti del codice civile, nonché dalle leggi: 22 luglio 1966, n. 607; 28 marzo 1957, n. 244; 18 dicembre 1970, n. 1138; 14 giugno 1974, n. 270; 16 giugno 1927, n. 1766.

Inoltre, è necessario sapere che:

  • il rapporto enfiteutico può essersi estinto per legge se costituito prima del 28/10/1941, con canone inferiore alle 1000 Lire;
  • il rapporto può essersi estinto per usucapione se il canone non è più stato corrisposto da almeno 20 anni;
  • il rapporto ancora in essere è affrancabile versando una somma pari a 15 volte il canone annuo (art. 971 c.c.), corrispondente al reddito dominicale aggiornato.

Per la cancellazione nelle intestazioni catastali  (con atto notarile di autentica) non è necessaria la presenza del concedente nei primi due casi, mentre lo è nell’ultimo caso.

Il controllo che i Comuni dovrebbero promuovere costituisce un accertamento formale non probatorio; l’intento delle Amministrazioni dovrebbe essere quello di far chiarezza, allo scopo di ovviare al fatto che in passato si è operato spesso basandosi su dati approssimativi e parziali.

Si tratta di verificare ciascun singolo caso, accertare i trasferimenti del diritto di concessione che in Comune potrebbero non risultare, accogliere le richieste di rinuncia all’enfiteusi da parte di alcuni concessionari oppure quelle di riscatto presentate da altri, per predisporre gli adempimenti necessari.

 

 



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