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Il diritto di prelazione alla luce della giurisprudenza di legittimità

La prelazione, nel senso più ampio del termine, indica la posizione di precedenza, priorità o preferenza facente capo ad un determinato soggetto nell’acquisizione di un bene o di un diritto in base ad una norma di legge o di un accordo tra le parti.

La giurisprudenza, in particolare quella di legittimità, si è diffusamente occupata del diritto di prelazione in ambito agricolo attraverso pronunce che, a più riprese, hanno segnato il percorso evolutivo dell’istituto. Vediamo, di seguito, alcune significative pronunce della Suprema Corte.

La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 12905 del 20 marzo 2015, ha riaffermato che per esercitare il diritto del riscatto agrario la qualità di coltivatore diretto dipende dall’effettiva coltivazione del fondo e non dal dato formale dell’iscrizione nel registro delle imprese o presso altri uffici.

Inoltre, i Giudici della Suprema Corte hanno precisato che la coltivazione del fondo deve essere esercitata in modo stabile e continuativo (ovvero in modo abituale) e che la forza lavoro del coltivatore diretto e della sua famiglia deve rappresentare almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo.

Lo stesso massimo organo della giurisprudenza, con un’altra recente decisione, ha poi ricordato che in tema di prelazione e riscatto agrario, la mera previsione di una destinazione del terreno in vendita diversa dallo sfruttamento agricolo ha efficacia ostativa all’esercizio dei diritti in questione, senza che assuma contrario rilievo la circostanza dell’attuale destinazione del terreno stesso a tale sfruttamento.

Di conseguenza, non assume alcuna rilevanza ai fini del legittimo esercizio del diritto di prelazione o riscatto della mera potenzialità futura di uno sfruttamento agricolo del terreno.

In sostanza, quindi, tutti i fondi che abbiano carattere agricolo possono costituire oggetto di prelazione (o di riscatto), con l’unico limite costituito dall’impossibilità di concreto sfruttamento o dalla non coltivabilità del terreno (Corte di cassazione, sezione terza civile, Sentenza n. 12230 depositata il 12 giugno 2015).

 

 

 



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