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Gli studi ci dicono che fino al 2050 cresceranno i morti per l’effetto dell’antibiotico-resistenza (AMR). Le Organizzazioni Sanitarie Mondiali (OMS e Ministeri) lanciano appelli per ridurre l’utilizzo degli antibiotici e la zootecnia sta lavorando da tempo per mettere un freno all’uso troppo frequente o all’abuso di questi farmaci. Nel frattempo, però, qualche esperto continua a seminare inesattezze, battendo il chiodo sulle responsabilità degli allevatori.
L’antibiotico-resistenza (AMR) ormai fa paura, perché è una minaccia per la salute e il benessere di uomini e animali, per la sicurezza alimentare e per sviluppo agricolo ed economico della società. Il tema, preso in considerazione già una trentina di anni fa dalle maggiori istituzioni sanitarie dei vari Paesi (ma gli studi degli scienziati erano già iniziati molto prima), riguarda tutti, uomini ed animali. Per quanto riguarda gli animali, la zootecnia e tutti i suoi addetti (dall’allevatore, al medico veterinario ed ai laboratori di analisi o di ricerca in questo settore) non hanno girato la testa dall’altra parte. Anzi, molti esempi testimoniano che il problema è stato affrontato seriamente, prima a livello etico, poi gestionale ed infine economico. Non dimentichiamo infatti che la zootecnia è sottoposta, ormai da tempo, ad un'attività di controllo che non ha pari con quella umana. Nonostante ciò, però, qualcuno sostiene ancora il contrario, “ignorando” (in malafede o per scarsa conoscenza?) l’evidenza dei fatti e dei numeri e contribuendo a gettare fango su un settore trainante, sempre sotto la lente d’ingrandimento e che dà da mangiare a tutti, allevatori e non.