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La finanza, a livello internazionale, secondo il parere di molti economisti è sempre più interessata al settore agroalimentare e, nell’ambito delle sue analisi, sta tenendo sempre in maggior considerazione i criteri ESG[1] e di sostenibilità per la quotazione delle realtà aziendali. La valutazione di un’impresa passa, pertanto, anche dall’esame di asset intangibili come la governance, la valorizzazione dei prodotti, la digitalizzazione.
Il posizionamento del nostro Paese, sotto questo aspetto, è di particolare interesse, avendo un ricco e variegato patrimonio agroalimentare con il maggior numero di prodotti a Denominazione di Origine e a Indicazione Geografica riconosciuti dall’Unione europea; indubbia manifestazione della qualità delle nostre produzioni e del legame tra le eccellenze agroalimentari e i territori di origine.
Il sistema delle Indicazioni Geografiche[2] determina diversi vantaggi, favorendo l’economia a livello locale e il sistema produttivo. Il suo impiego valorizza le produzioni legate a specifiche Regioni e impegna le imprese a preservare gli ecosistemi e le biodiversità circostanti. Questa dinamica contribuisce, altresì, alla coesione sociale delle comunità, evidenziando le tradizioni locali e incentivando il senso di appartenenza. Al contempo, le certificazioni comunitarie connesse alle Indicazioni Geografiche offrono maggiori garanzie ai consumatori europei, sempre più attenti ai diversi aspetti della qualità dei prodotti e all’impiego nella filiera di tecniche produttive sostenibili e a ridotto impatto ambientale[3].