La Rivista | nº 10 Ottobre 2023


Servizi in agricoltura: l’interpretazione restrittiva dell’Agenzia mette a rischio le società agricole

di Vanni Fusconi, avvocato

I servizi in agricoltura sono disciplinati dal comma 3 dell’art. 2135 c.c. che ha esteso il concetto di attività connesse a alle attività dirette alla fornitura di beni o servizi”. In particolare, la norma specifica che l’attività connessa di fornitura di servizi deve essere svolta “mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata (…)”.

Ai fini fiscali l’art. 56-bis, comma 3, del TUIR, prevede uno specifico regime forfettario per la determinazione del reddito derivante dalle attività di fornitura di servizi di cui al terzo coma dell’art. 2135 c.c., conseguentemente, il reddito è determinato applicando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto il coefficiente di redditività del 25%.

Dall’analisi della normativa civilistica, richiamata pedissequamente dall’art. 56-bis del TUIR, emergono chiaramente i requisiti essenziale per poter inquadrare la fornitura di servizi per conto terzi nell’ambito delle attività agricole connesse (requisito soggettivo). Innanzitutto, i servizi possono essere considerati connessi solo se svolti da un imprenditore agricolo, quindi dal medesimo soggetto che svolge anche un’attività agricola principale. Inoltre, i servizi possono essere considerati connessi solo se vengono svolti utilizzando prevalentemente attrezzature e risorse normalmente impiegate nell’attività agricola principale (requisito oggettivo).

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