Etichettatura delle bevande spiritose: le informazioni obbligatorie

di Stefano Senatore, avvocato esperto in diritto alimentare e vitivinicolo

Il termine “bevande spiritose”, pur non essendo d’uso comune nel nostro Paese, viene utilizzato sul piano giuridico per identificare una specifica categoria di prodotti alcolici disciplinata dal Regolamento (UE) n. 2019/787.

Secondo la definizione riportata dall’articolo 2 del citato Regolamento, in particolare, per “bevande spiritose” si intendono tutte le bevande destinate al consumo umano che, oltre a possedere caratteristiche organolettiche particolari, abbiano un titolo alcolometrico volumico minimo del 15% vol.[1] e siano state prodotte con uno o più dei seguenti metodi:

  1. la distillazione di prodotti fermentati, con l’aggiunta o meno di aromi o di ingredienti aromatizzanti;
  2. la macerazione di materie vegetali in alcole etilico di origine agricola, in distillati di origine agricola, in bevande spiritose o in una combinazione di tali prodotti;
  3. l’aggiunta di aromi, additivi, prodotti edulcoranti, prodotti agricoli e prodotti alimentari, da soli o in combinazione, all’alcole etilico di origine agricola, ai distillati di origine agricola o alle bevande spiritose.

Rientrano, inoltre, nella categoria in esame anche tutte le bevande ricavate a partire da una delle bevande spiritose precedenti, mediante successiva aggiunta di: altre bevande spiritose, alcole etilico di origine agricola, distillati di origine agricola e/o altri prodotti alimentari (si pensi ad una miscela di rum e cola), ovviamente, a condizione che il prodotto finito mantenga un titolo alcolometrico volumico pari almeno al 15% vol.

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