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Divisione con conguaglio: dovuta l’imposta di registro sui trasferimenti

di Luigi Cenicola, esperto fiscale

Di recente, i giudici di legittimità sono stati chiamati a pronunciarsi in merito ad una controversia, sorta a seguito della notifica di un avviso di liquidazione nei confronti di una contribuente, con cui l’Agenzia delle Entrate aveva recuperato a tassazione una determinata somma di denaro relativa all’ omessa autoliquidazione del conguaglio divisionale (Cass. Sent. 10 novembre 2023, n. 31364). La vicenda ha altri precedenti in quanto la Suprema Corte è già intervenuta sul tema per chiarire la portata delle disposizioni contenute nell’art. 34 del D.P.R. n. 131/1986, in materia di “divisioni” con o senza conguaglio (si citano a titolo esemplificativo: Sent. 28 marzo 2018, n. 7606; Ord. 30 maggio 2018, n. 13637; Sent. 14 luglio 2017, n. 17512; Sent. 16 novembre 2012, n. 20119).

La divisione, come noto, è il contratto con cui i compartecipanti ad una comunione decidono di porre fine ad essa. Lo scioglimento della comunione comporta, quando possibile, l’assegnazione a ciascuno di una porzione della cosa comune. Per la Cassazione la divisione (Cass. Sent. 25 ottobre 2005, n. 20645) “ha natura dichiarativa, dal momento che con esso i condividenti si limitano a trasformare l’oggetto del diritto di ciascuno, da diritto sulla quota ideale a diritto su un bene determinato, senza che intervenga, tra loro, alcun atto di cessione o di alienazione”.

Nel campo del diritto tributario è stata, infatti, pacificamente accolta la nozione di divisione come atto avente natura dichiarativa, purché le porzioni concretamente assegnate ai condividenti, quote di fatto, corrispondano alle quote di diritto, cioè a quelle quote che spettano ai partecipanti, sui beni della massa, in ragione dei diritti che essi vantano (divisione “senza conguaglio”). Pertanto, assume importanza essenziale, per l’individuazione dell’imposta da applicare, il rapporto tra quota di diritto e quota di fatto; nel caso in cui quest’ultima superi la pars iuris, la divisione, per l’eccedenza, perderà la sua natura dichiarativa, per divenire un negozio parzialmente traslativo, assoggettato alla relativa imposta di trasferimento. Pertanto, ai fini dell’imposta di registro, qualora sussista questa correlazione fra “quote di fatto e quote di diritto”, all’atto, avente natura dichiarativa, si applicherà il disposto dell’art. 3 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131/1986, con conseguente applicazione dell’aliquota del 1%, sul valore della massa comune; valore che, ai sensi dell’art. 34, comma 1, del  TUR è costituito nel caso di comunioni ereditarie “dal valore, riferito alla data della divisione, dell’asse ereditario netto determinato a norma dell’imposta di successione, e nelle comunioni ordinarie, dai beni risultanti da precedente atto che abbia scontato l’imposta propria dei trasferimenti”.

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