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In tema di welfare aziendale, i fringe benefit, contrattualmente o volontariamente previsti vengono elargiti al dipendente sotto forma di beni o servizi, costituendo “compenso in natura”.
L’art. 2099, comma 3, c.c., stabilisce infatti che “il prestatore di lavoro può anche essere retribuito in tutto o in parte con partecipazione agli utili o ai prodotti, con provvigione o con prestazioni in natura”.
In questo articolo, esploreremo in dettaglio la natura dei fringe benefit nel contesto agricolo, analizzando le tendenze emergenti e le leggi vigenti.
Negli ultimi tre anni i benefit sono stati oggetto di diversi interventi e la soglia di esenzione dall’imponibilità fiscale ha subito diverse oscillazioni: con il Decreto Aiuti-bis, entrato in vigore il 10 agosto 2022, la cosiddetta “tasca fringe” è passata, da 258,23 euro a 600 euro, per poi essere ulteriormente incrementata a 3.000 euro per il medesimo periodo d’imposta, come previsto dal Decreto Legge Aiuti-quater pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 18 novembre 2022.
Nel 2023 la soglia esentasse è tornata a 258,23 euro, salvo che per i dipendenti con figli a carico, in favore dei quali il Decreto Lavoro ha prorogato, per il 2023, l’innalzamento della soglia di esenzione a 3.000 euro.
Il recente intervento della Legge di Bilancio (L. 213/2023) ne ha revisionato nuovamente la disciplina.