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Vini Dealcolizzati: l’Unione Europea li ha disciplinati, ma in Italia non è ancora possibile produrli.
di Giordano Zinzani, enologo, esperto di legislazione vitivinicola
Negli Stati Uniti stanno avendo grande successo i prodotti low alchol, ovvero, bevande con un contenuto alcolico normalmente inferiore a 7 gradi, ma il successo si sta diffondendo anche in Europa e in altri continenti. I vini base, tra l’altro, hanno un’origine produttiva prevalentemente italiana.
Queste bevande/vini si possono ottenere in modi diversi e si dividono in tre tipologie:
“Vini” a bassa gradazione alcolica ma molto dolci o “mosti parzialmente fermentati” (da sempre questi si possono produrre, osservando le norme del settore vitivinicolo), fino ad arrivare a 0% alcol per “mosti di uve” e “succhi d’uva”.
“Bevande aromatizzate a base vino”, alcol minimo 4,5% vol e “cocktail aromatizzati di prodotti vitivinicoli”, alcol minimo 1,2% vol; autorizzati in Europa e anche in Italia, dal regolamento (UE) n. 251/2014 che ha sostituito il regolamento (CEE) n. 1601 del 1991, emesso a seguito del successo dei cosiddetti “Wine Coolers”, bevande che hanno avuto un’epoca di splendore negli anni ottanta/novanta specialmente prima negli Stati Uniti e poi la moda si è allargata ad altri Paesi. Queste bevande non si possono chiamare “vino”. I vini e anche i mosti ne sono dei componenti e possono inoltre essere utilizzati aromi, succhi, coloranti, acqua e zuccheri. I prodotti vitivinicoli devono essere presenti per almeno il 50% del volume e queste bevande devono essere prodotte negli stabilimenti enologici. Di questa tipologia di prodotti ne fanno parte ad esempio anche la Sangria o alcuni Spritz.
“Vini parzialmente dealcolizzati” o “vini dealcolizzati”.
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