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Greenwashing: le nuove regole sulle pratiche sleali

di Stefano Senatore, avvocato esperto in diritto alimentare e vitivinicolo

Lo scorso 6 marzo è stata pubblicata, sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, la nuova Direttiva sulla “responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde” (di seguito, la “Direttiva”).

L’iniziativa legislativa, come efficacemente espresso nel suo titolo, intende favorire una partecipazione attiva dei consumatori al percorso di transizione in atto verso modelli economici più sostenibili. Ciò, per l’appunto, attraverso la loro “responsabilizzazione”, nell’ottica di consentire scelte di consumo rispettose dell’ambiente che siano effettuate in modo informato e consapevole.

Per il perseguimento di questo obiettivo, il Legislatore europeo ha, quindi, ritenuto necessario rafforzare la protezione dei consumatori contro le pratiche commerciali sleali riguardanti la sostenibilità, con attenzione particolare rivolta al fenomeno del cosiddetto “greenwashing” (traducibile come “ecologismo di facciata”), ossia, alle sempre più frequenti rappresentazioni di presunte “virtù” ambientali di prodotti o attività che non sono, tuttavia, veritiere o non verificabili.

Nello specifico, la Direttiva qui in esame interviene apportando una serie di rilevanti modifiche alla Direttiva 2005/29/CE, recante la disciplina unionale delle pratiche commerciali sleali, cui è stata data attuazione, in Italia, con il Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (“Codice del consumo”).

Si ritiene dunque utile proporre, di seguito, una sintesi delle principali novità, che interesseranno tutti coloro che intendono utilizzare asserzioni ambientali (o green claims) nella commercializzazione di beni e servizi, inclusi i prodotti alimentari.

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