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Il contratto di soccida. Dal rischio riqualificazione agli ultimi chiarimenti dell’Agenzia

di Vanni Fusconi, avvocato

Il contratto di soccida è l’ultimo contratto agrario associativo fra quelli tipizzati dal Legislatore del 1942[1], ma nonostante rivesta grande importanza per tutto il settore dell’allevamento, a tutt’oggi permangono ancora dubbi interpretativi sulla sua applicazione, in parte fugati da recenti e importanti pronunciamenti della giurisprudenza di legittimità e dai chiarimenti offerti dall’Agenzia delle Entrate con la Risposta a quesito n. 134/2024.

All’art. 2170, il Codice Civile offre una nozione piuttosto chiara del contratto di soccida e in poche righe ne delinea le caratteristiche essenziali, evidenziando come in questa forma contrattuale il soccidante e il soccidario si associano per l’allevamento e lo sfruttamento di una certa quantità di bestiame e per l’esercizio delle attività connesse, al fine di ripartire l’accrescimento del bestiame e gli altri prodotti e utili che ne derivano.

Possono essere individuate tre tipologie di contratti di soccida:

  • la soccida semplice (art. 2170 – 2181 c.c.);
  • la soccida parziaria (art. 2182 – 2185 c.c.);
  • la soccida con conferimento di pascolo (art. 2186 c.c.).

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