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La Rivista | nº 06 Giugno 2019


Chi conta sul futuro e sui finanziamenti, spesso s'inganna

di Luciano Mattarelli, direttore responsabile

Le cose stanno cambiando, è vero, ma gli antichi retaggi, di un’agricoltura fondata sul lavoro manuale dei campi e sulla raccolta dei frutti necessari alla sussistenza della famiglia o del gruppo sociale, spesso appaiono davvero duri a morire.

Tuttavia, gestire un’azienda agricola con una logica orientata al lavoro e non all’impresa, nei tempi moderni, può essere un rischio davvero enorme: proprio per questo, è fondamentale che gli imprenditori agricoli abbiano un approccio di natura imprenditoriale, prestando grande attenzione al bilancio e al business plan della propria azienda.

Già, il business plan: ritengo che qualsiasi impresa, che voglia definirsi tale, debba averne uno, compilato in maniera accurata, con la fissazione di costi reali e di ricavi realistici. Tale strumento, infatti, rappresenta un’arma semplice, ma decisiva, per la fissazione degli obiettivi economici (e non solo) di un’azienda, la bussola che deve orientare ogni impresa verso traguardi soddisfacenti e sostenibili.

Per raggiungere tali obiettivi, però, è necessario che l’imprenditore agricolo tenga conto di alcuni elementi di buon senso, apparentemente scontati, ma che spesso vengono trascurati.

La prima cosa importante è che gli imprenditori agricoli, prima di avviare le proprie attività, ascoltino le richieste del mercato. Nel mondo contemporaneo, infatti, non è più possibile ragionare secondo la logica “dell’orientamento al prodotto” che ha accompagnato, per lungo tempo, l’attività dei produttori. Per sopravvivere, infatti, non è più sufficiente produrre le migliori pesche, i migliori polli, il miglior grano: oggi è necessario produrre ciò che il mercato chiede. Solo in seconda battuta diventerà importante farlo bene o, quantomeno, meglio rispetto ai vari competitor.

Pertanto, per poter prosperare e ottimizzare la propria attività, le aziende devono partire dal mercato, analizzarlo con attenzione e cercare di produrre ciò che i consumatori o le altre realtà aziendali richiedono. Parrà banale, ma se il mercato richiede albicocche di una determinata specie, con particolari caratteristiche organolettiche, coltivare albicocche di altro tipo, potrebbe essere romantico, ma difficilmente produrrà importanti guadagni.

L’altro aspetto fondamentale, invece, consiste in una attenta pianificazione degli investimenti che deve essere svolta sulla base di uno dei principi fondamentali della contabilità: i costi sono sempre certi, i ricavi sono sempre incerti.

Sulla scorta di tale principio, è importante che gli imprenditori agricoli valutino con molta attenzione gli investimenti da fare, i costi da sostenere, i possibili ritorni, i tempi necessari per raggiungere il pareggio rispetto alla spesa sostenuta e la reale utilità degli stessi.

Infatti, soprattutto in agricoltura, grazie anche alla presenza di aiuti e agevolazioni per l’acquisto di mezzi o macchinari piuttosto che per la ristrutturazione o la riorganizzazione delle aziende, non è raro assistere ad investimenti scellerati, effettuati confidando che l’acquisto di un nuovo super trattore o la realizzazione di una cantina possano risolvere la china negativa dell’azienda, o che, ancora peggio, tali operazioni possano essere la chiave per il successo, o la rampa di lancio per un boom aziendale.

In fase di pianificazione, poi, non è raro che le aziende agricole considerino i contributi pubblici e i pagamenti PAC come vere e proprie voci dell’attivo nel bilancio annuale. Un errore grave, potenzialmente mortale.

Perché? Perché il sistema prevede che prima siano effettuati gli investimenti e poi, eventualmente, vengano erogati i contributi. Pertanto, i costi iniziali sono sostenuti da parte degli agricoltori, i quali, solo in un secondo momento, vengono ristorati degli importi già usciti dalle loro tasche. Semplificando, quindi, l’intero rischio dell’operazione è a carico degli imprenditori agricoli che spesso si fanno anticipare le somme dagli istituti bancari.

Già, perché può accadere che l’erogazione dei contributi segua percorsi tutt’altro che lineari: i ritardi nei pagamenti della PAC o dei contributi relativi ai PSR o primi insediamenti, sono all’ordine del giorno, così come fin troppo diffusi sono errori ed anomalie bloccanti che possono mantenere congelate migliaia e migliaia di euro per anni.

In questi casi, però, se tali contributi sono stati considerati fondamentali al fine di far tornare i conti in tasca all’agricoltore, o per restituire le somme anticipate dalle banche, è facile immaginare quanto i contraccolpi possano essere devastanti per l’azienda. Nell’arco di pochi mesi, un’azienda florida può ritrovarsi indebitata ed in crisi, risucchiata in un vortice negativo che può avere conseguenze irreversibili, sull’attività, ma anche sulla vita delle persone che la formano.

Infatti, in molti casi, un problema economico si trasforma in uno ancora peggiore di tipo psicologico, che gli imprenditori agricoli non sono abituati a gestire e per il quale, non accettano di essere aiutati nel trovare una soluzione, se non quando si è imboccata la strada del non ritorno.

È facile immaginare anche quanto queste situazioni, che si fanno sempre più anomale e ingarbugliate, siano difficili da gestire anche per i professionisti del settore, che sempre più spesso si trovano impotenti, senza risposte né soluzioni, dinnanzi a questioni che possono decretare la vita o la morte delle aziende.

Concludendo, quindi, voglio ribadire un concetto: per essere un bravo agricoltore, non basta più saper coltivare la terra o allevare gli animali. È fondamentale, infatti, ragionare a livello imprenditoriale, saper calcolare con cura gli investimenti, ascoltare il mercato, avvalersi di consulenti attenti ai consumi, innovare e bilanciare con attenzione i vari fattori che incidono sulla vita e sulla gestione dell’impresa.

Tra questi, contributi pubblici e aiuti comunitari possono essere fattori decisivi per lo sviluppo di un’azienda, ma non possono essere la base dell’intera attività.

Pertanto, prima di muoversi, occorre fare bene i conti, senza sperare nella divina provvidenza o che le cose vadano bene sulla base di un ingiustificato ottimismo. Perché, come recita un antico proverbio toscano, chi conta sul futuro spesso s’inganna.


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Le tematiche dal mondo agricolo, analisi e commenti sulle problematiche di carattere fiscale, civile e giuslavoristico, toccando anche settori importanti come quello del contenzioso o quello tecnico-economico...

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