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La cessione in comodato di un fondo agricolo è alquanto diffusa nel caso di comunioni ereditarie o in favore di parenti, al fine di consentire l’esercizio dell’attività ad uno degli eredi o al parente che svolge attività agricole.
In questi e in altri casi, il comodato viene preferito dalle parti in quanto, di fatto, non vi è la richiesta del proprietario di alcun corrispettivo per la concessione in godimento del fondo. Prevale quindi l’interesse del concedente, non più interessato o non più in grado di coltivare il fondo, al mantenimento del patrimonio ed alla fertilità del terreno.
Il contratto di comodato, disciplinato dall’articolo 1083 e seguenti del codice civile prevede che una parte consegna all'altra un bene mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l'obbligo di restituire lo stesso bene ricevuto. Il comodato è essenzialmente gratuito.
Tali contratti, sono redatti solitamente in forma scritta, pertanto registrati presso l’Ufficio del Registro. Invece, quando il contratto è verbale, non vi è l’obbligo di registrazione, tranne nell’ipotesi di enunciazione in altri atti sottoposti a registrazione.
Il Testo Unico delle Imposte sui Redditi dispone che i redditi inerenti ai terreni sono redditi fondiari e, come tali, si distinguono in redditi dominicali e redditi agrari. L’art. 26 del TUIR precisa inoltre che i redditi fondiari contribuiscono alla formazione del reddito dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, salvo quanto previsto dal successivo articolo 33.
L’articolo 33 del TUIR prevede l’ipotesi dell’affitto, disponendo che il reddito agrario concorra alla formazione del reddito complessivo dell’affittuario a partire dalla data in cui ha effetto il contratto. L’altra ipotesi richiamata dall’art. 33 riguarda il caso della conduzione associata, in cui il reddito agrario concorre a formare il reddito complessivo di ciascun associato per la quota di sua spettanza.
Ma allora, nel caso di concessione dell’utilizzo del terreno con un contratto di comodato spetta al comodatario dichiarare il reddito agrario?
Sul tema vi sono due correnti di pensiero contrastanti.
Un orientamento, mosso dal fatto che il contatto di comodato non riconosce al comodatario la titolarità di un diritto reale ma di un diritto obbligatorio di godimento, ritiene che tale contratto difetti del requisito necessario per avvalorare il trasferimento del reddito fondiario. Per tali ragioni, il legislatore avrebbe espressamente previsto il solo contratto d’affitto all’art. 33 del TUIR. Tali considerazioni sono state confermate dalla decisione della Commissione Tributaria Centrale Sez. XII n. 451 del 22/01/1985 che ha precisato: “Il comodatario quindi è titolare di un diritto personale di godimento e, come tale, ha la mera detenzione della cosa altrui, sicché, in difetto di una situazione di possesso con carattere di realità, non può ritenersi soggetto d' imposta con riferimento ai redditi fondiari.”
Invece, secondo un’altra lettura, il reddito agrario deve comunque essere imputato al comodatario quando il contratto di comodato attribuisce il diritto/dovere di esercitare l’attività agricola. Pertanto, tale reddito può essere attribuito anche al detentore pro-tempore di un terreno (Comm. Trib. Centr. Sez. VII n. 2922 del 7/4/1986).
Tale interpretazione appare a nostro avviso condivisibile e suffragata anche dalla prassi amministrativa che, muovendo dai principi generali di imputazione dei redditi fondiari espressi nell’art. 26 del TUIR, ritiene corretta l’applicazione del reddito agrario al soggetto che esercita effettivamente un’attività agricola su tali terreni.
Anche nelle istruzioni dei redditi appare un’apertura in tal senso. Ad esempio, nelle istruzioni allegate al modello 730/2018 è scritto: “Se l’attività agricola è esercitata da un’altra persona, il reddito dominicale spetta, comunque, al proprietario, mentre il reddito agrario spetta a chi svolge l’attività agricola.” Inoltre, nel quadro redditi dei terreni è prevista la possibilità di dichiarare il reddito agrario nel caso di “conduttore del fondo (diverso dal proprietario) o affittuario” (cod.”4”).
La precisazione “diverso dal proprietario” fa desumere il riferimento al conduttore del fondo in senso lato, diverso dall’affittuario.
La mancata dichiarazione dei redditi agrari da parte del comodante, in caso di contestazione, può determinare la rideterminazione del reddito con il recupero delle imposte e l’applicazione delle relative sanzioni, oltre eventualmente il disconoscimento di alcuni benefici (esempio: esclusione dalla condizione di familiare a carico).
Per il comodatario le conseguenze, in caso di disconoscimento della titolarità del reddito agrario, sarebbero particolarmente gravose nell’ipotesi (assai probabile) che il reddito dell’attività agricola fosse stato determinato su base catastale (art. 32 del TUIR).
La determinazione su base catastale delle attività agricole, infatti, prevede che tali attività, siano esse dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura o all’allevamento di animali, debbano essere direttamente conseguenti alla conduzione di un fondo.
Contestando la possibilità in capo al comodatario di dichiarare il reddito agrario cadrebbe la facoltà di determinare il reddito dell’attività agricola su base catastale.
Si ritiene che l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate sia propensa a considerare ammissibile la possibilità del comodatario del fondo agricolo di dichiarare il reddito agrario, in quanto ad oggi non si rilevano contestazioni in merito, ma sarebbe auspicabile che tale interpretazione fosse chiaramente esplicitata.