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L’avviso di accertamento con cui il Comune contesta il valore dichiarato dal contribuente ai fini ICI/IMU deve essere specificamente motivato e deve riportare il contenuto di eventuali atti ivi richiamati: la generica citazione di tali atti non è sufficiente a legittimare il provvedimento dell’ente locale.
Ciò è stato deciso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 13814/2018.
La controversia nasce da alcuni avvisi di accertamento emessi da un Comune veneto nei confronti di un contribuente a cui veniva contestato che, per gli anni 2008-2012, aveva dichiarato un valore troppo basso ai fini delle imposte locali (prima ICI, poi IMU) in relazione alle aree edificabili di sua proprietà.
In primo grado, la CTP di Vicenza aveva rigettato il ricorso del contribuente, così come aveva fatto la CTR in appello. I giudici regionali, tuttavia, rideterminavano parzialmente la richiesta impositiva, riducendo il valore di riferimento per gli anni 2008-2010.
Chiamata ad esprimersi sul punto, invece, la Cassazione si è pronunciata in senso diametralmente opposto, facendo leva sulle argomentazioni presentate dal Comune in sede di contestazione, argomentazioni ritenute insufficienti.
Come rilevato dal contribuente in sede di ricorso, gli avvisi di accertamento presentavano una motivazione debole ed inconferente: specificamente, nel testo degli avvisi si leggeva che i valori dichiarati (...) per l'anno d'imposta di cui sopra sono inferiori ai valori in comune commercio delle aree edificabili aventi analoga destinazione e simili caratteristiche. Lo prova il fatto che un terreno facente parte del medesimo piano di lottizzazione e contiguo a quello del contribuente è stato oggetto di un atto di compravendita per un importo pari ad Euro 250 al metro cubo.
Il Comune, però, non specificava quale atto fosse stato richiamato, quali fossero i dati distintivi di tale atto o quali fossero le parti. In sostanza, non veniva data al contribuente la possibilità di prendere visione della compravendita citata, al fine di comprendere quali fossero le ragioni tali da poter individuare un maggior valore per le aree oggetto di cessione.
Questo, secondo la Cassazione, rendeva illegittimi gli avvisi di accertamento dell’ente locale, in quanto emessi in violazione delle previsioni di cui all’art. 7 della L. 212/2000, il quale stabilisce che gli atti devono essere motivati indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama.
Pertanto, nella motivazione di un provvedimento si può sempre fare riferimento ad un altro atto, il quale deve essere allegato o, quantomeno, individuato e richiamato in maniera precisa, in modo tale che il contribuente possa reperirlo e visionarlo, al fine di permettergli di esercitare sempre pienamente il proprio diritto di difesa.
Nel caso di specie, quindi, la sentenza della CTR Veneto è stata cassata e i giudici di legittimità hanno deciso nel merito rigettando le pretese tributarie del Comune e accogliendo il ricorso del contribuente.